L'invasione cinese di Taiwan potrebbe essere dietro l'angolo ma per Pechino l'annessione della "provincia ribelle" potrebbe rivelarsi un boccone difficile da inghiottire. Il Wall Street Journal ha provato infatti ad immaginare come il Paese del dragone potrebbe conquistare Taipei evidenziando, attraverso le analisi fornite dagli esperti, tutti gli ostacoli che l'esercito popolare di liberazione popolare incontrerebbe nel tentativo di realizzare quello che è considerato uno dei principali obiettivi politico-militari di Xi Jinping.
Secondo gli addetti ai lavori, un attacco cinese contro Taiwan si svilupperebbe in tre fasi. Nel corso della prima Pechino colpirebbe l'isola con centinaia di missili per "ammorbidirne" la difesa. Scatterebbe poi l'operazione anfibia vera e propria. Solo dopo il successo della seconda fase le forze cinesi lancerebbero un assalto terrestre verso Taipei. Sulla carta un'impresa relativamente facile per uno degli eserciti più potenti al mondo. Gli analisti consultati dal quotidiano finanziario evidenziano però numerosi punti critici che giocano a sfavore del Paese erede del Celeste Impero.
A partire dalla fase 1. La durata dei bombardamenti finalizzati a degradare le capacità difensive dell'isola è cruciale. Se Pechino deciderà di prolungare i raid gli Stati Uniti potrebbero avere più tempo per intervenire. D'altra parte blitz più limitati nel tempo potrebbero mettere in pericolo l'efficacia delle successive fasi dell'invasione. Pechino dovrebbe inoltre valutare la necessità di colpire preventivamente le basi americane nella regione rischiando così di allargare sin da subito il conflitto.
Superata la fase choc and awe Pechino si troverebbe di fronte ad uno degli ostacoli più insormontabili: lo Stretto di Taiwan. Decine di migliaia di soldati cinesi dovrebbero attraversarlo con carri armati, camion e altri mezzi militari mentre i missili e le mine di Taipei prenderebbero in contemporanea di mira le forze dell'invasore. Per non parlare delle condizioni proibitive - tifoni, correnti imprevedibili, forti venti, pioggia e nebbia - che caratterizzano lo Stretto a seconda del periodo dell'anno.
Imponente sarebbe dunque lo sforzo militare che Pechino dovrebbe mettere in campo. Con un occhio ai precedenti storici. Taiwan è più grande di Okinawa e Iwo Jima, le due isole giapponesi conquistate a caro prezzo dagli Stati Uniti durante la Seconda Guerra Mondiale. La battaglia di Okinawa del 1945, spiega Ian Easton, esperto e autore di un libro su una possibile guerra per Taiwan, "è stata l'ultima volta in cui è stata realizzata un'operazione anfibia su larga scala. E quella fu piuttosto semplice rispetto a come sarebbe un'invasione di Taiwan". All'epoca Washington aveva in programma di attaccare anche l'isola di Formosa, allora sotto il controllo del Giappone, ma rinunciò all'impresa proprio a causa della portata e della complessità che avrebbe richiesto tale operazione.
Un'ulteriore incognita per gli strateghi cinesi è legata alla particolare topografia dell'isola. Le coste orientali e meridionali sono le meno adatte ad uno sbarco, oltre ad essere lontane da Taipei. Più in generale le spiagge di Taiwan non sono adatte agli sbarchi anfibi. Molte sono di piccole dimensioni o sono delimitate da montagne, città o risaie che rendono più difficile il superamento del perimetro costiero da parte di una forza nemica. Solo poche aree offrono una spiaggia, un porto o un aeroporto nelle immediate vicinanze che permettano, una volta conquistate, l'arrivo di truppe di supporto o di rifornimenti. Immaginare uno sbarco a Taiwan tipo quello realizzato nel secolo scorso in Normandia è dunque fuori discussione.
I calcoli di Xi Jinping sono resi ancora più complicati dai preparativi che la provincia ribelle sta già predisponendo per fare in modo che, nel caso di un'invasione dell'isola, le forze cinesi si impantanino in mortali combattimenti nelle città. Senza contare che Taipei, circondata da montagne e attraversata da fiumi, sarebbe difesa pesantemente contro attacchi volti a decapitarne la leadership politica. Inoltre, i militari di Taiwan potrebbero bloccare l'avanzata delle truppe cinesi facendo saltare in aria un ponte che attraversa il fiume Tamsui e difendere l'aerporto della capitale con missili antiaerei. Centrale per Taipei sarebbe poi impedire all'aggressore di conquistare i porti dell'isola.
Xi Jinping, scrive il Wall Street Journal, è sicuramente al corrente di tutte le difficoltà a cui andrebbe incontro l'esercito di Pechino se dovesse dare il via libera alla guerra per Taiwan, comunque un'ipotesi non del tutto inevitabile. Nonostante ciò, il leader cinese ha comunque chiesto ai suoi generali di farsi trovare pronti.
Intanto a Taipei ci si prepara per il peggiore degli scenari sperando di poter fare affidamento sull'aiuto di Washington. Una prospettiva che, con l'imprevedibile Trump alla Casa Bianca, non si può però dare affatto per scontata.