Guerra in Israele

"Stop assegni in bianco a Bibi". Il pressing dei Democratici mette Biden spalle al muro. E i rapiti Usa non si vedono

Sanders e i giovani dell'ala progressista tengono il presidente sotto pressione: cambia la linea della Casa Bianca anche in chiave elettorale. Delle due donne e della bimba americane nessuna notizia

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Le possibilità che la tregua di quattro giorni possa aprire la strada a un cessate il fuoco più esteso «sono reali». Le «condizioni» che l'ala progressista dei Democratici vorrebbe imporre a Israele in cambio degli aiuti militari sono un «pensiero utile». Joe Biden, nel commentare il rilascio del primo gruppo di ostaggi a Gaza - «È solo l'inizio. Finora è andata bene» - non si sottrae alle domande, ma non chiarisce il nodo politico del sostegno americano a Israele: l'obiettivo strategico della guerra è ancora la distruzione di Hamas? Per il presidente Usa, quello di Israele rimane un obiettivo «legittimo». Ma i continui richiami alla moderazione nelle operazioni militari - «Ho chiesto a Netanyahu di concentrarsi sulla riduzione delle vittime civili» - e l'enfasi sulla necessità di aumentare l'ingresso degli aiuti umanitari nella Striscia, per quanto comprensibili, restituiscono l'idea di un'amministrazione che dal 7 ottobre, quando il sostegno a Israele era «ferreo e totale», sembra essere tornata sempre più sui propri passi.

Del resto, Biden può ignorare le spaccature già prodotte in Europa dalla guerra, ma non può farlo con le crepe, sempre più evidenti, che si aprono nel suo partito e nel suo elettorato. «Basta assegni in bianco a Israele», ha scritto Bernie Sanders mercoledì in un editoriale sul New York Times. Il senatore «socialista» del Vermont col suo voto garantisce ai Democratici la tenuta della fragile maggioranza di cui godono al Senato. All'uscita di Sanders si è aggiunto il coro di altri esponenti della sinistra Dem, sia al Senato sia alla Camera. Il tutto potrebbe essere rubricato a beghe di partito, come sta avvenendo tra i Repubblicani per il sostegno all'Ucraina, se non fosse che il dissenso si è esteso anche all'elettorato più progressista, soprattutto tra i giovani, al quale Biden non può rinunciare se vuole sperare di essere riconfermato alla Casa Bianca.

Per la prima volta, il presidente si trova a essere contestato apertamente in casa propria. «Palestina libera» e «Cessate il fuoco», ha urlato un gruppo di manifestanti che venerdì ha seguito il presidente e la moglie Jill nella loro passeggiata nel centro di Nantucket, l'isola del Massachussets dove la coppia presidenziale ha trascorso le festività di Thanksgiving. Qui erano di casa i Kennedy, una sorta di Capalbio dei Dem Usa. L'equazione per Biden è di difficile soluzione: consentire a Israele di annientare Hamas in tempi ragionevolmente rapidi, con costi ancora più alti in termini di vittime civili, rischia di costargli cara in termini elettorali; altrettanto caro rischia di costargli un conflitto meno brutale, ma che si trascini fino al voto 2024.

A complicare il quadro c'è la mancata presenza, nei primi due gruppi, dei tre ostaggi Usa: due donne e la piccola Abigail Edan, di 4 anni, compiuti venerdì. Secondo quanto era stato riferito al Giornale da un alto funzionario dell'amministrazione Usa, la «cellula segreta» costituita dai principali consiglieri di Biden aveva insistito molto nel corso della trattativa con Hamas mediata da Qatar e Egitto, affinché le tre prigioniere americane facessero parte del primo gruppo di 50 persone da rilasciare. Ora, Biden ha ammesso che «non sappiamo se saranno liberate». È possibile che Hamas le trattenga fino all'ultimo, per garantirsi la pressione di Washington su Gerusalemme ed evitare che Israele rompa la tregua.

Se tutto venisse invece rimandato a una successiva trattativa per la Casa Bianca sarebbe uno smacco, sul quale subito farebbero leva i Repubblicani, che sono invece compatti al fianco di Israele e hanno posto la questione degli ostaggi e degli aiuti umanitari in secondo piano, rispetto alla necessità che Israele elimini per sempre Hamas.

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