Prima qualche insulto al premier israeliano Benjamin Netanyahu, liquidato come uno «psicopatico» e un «vampiro» abituato a «nutrirsi di sangue». Poi una strigliata al mondo islamico incapace di prendere «una decisione comune» su Gaza. E infine una maliziosa telefonata a Giorgia Meloni in cui invita la presidente del Consiglio a portare l`Italia «dalla parte giusta della storia» allineandosi a Spagna, Irlanda e Norvegia e riconoscendo lo stato palestinese. Ma dietro le tre diverse dichiarazioni c`è sempre l`eterno e spregiudicato opportunismo di Recep Tayyp Erdogan, un presidente turco prontissimo, anche ieri, a cavalcare eventi e tragedie.
In questa prospettiva, persino l`ultima strage di palestinesi a Rafah è un`opportunità. Dietro la telefonata alla Meloni c`è l`evidente tentativo di ricordarle l`egemonia di Ankara in Libia facendo balenare i possibili vantaggi di un allineamento con chi in Europa riconosce lo stato palestinese. Ma si tratta di una profferta inaccettabile. Soprattutto considerando l`inconsistenza di un`entità statuale divisa tra il fondamentalismo di Hamas e la corruzione dell`Autorità Nazionale Palestinese.
Dietro agli insulti a Netanyahu c`è, invece, la pretesa di affabulare le masse dei Paesi arabi moderati, come Egitto e Giordania, allineate non con le politiche dei propri governi, ma con quelle di una Fratellanza Musulmana da cui derivano l`ideologia di Hamas e quella del presidente turco. Il tutto con un indispensabile pizzico di ipocrisia visto che il Sultano continua, nonostante un dichiarato blocco delle transazioni commerciali, a mantenere con Israele rapporti tanto indispensabili, quanto riservati, sul fronte del coordinamento politico e militare. L`appello al mondo islamico rilancia, invece, la centralità di Ankara. Tornata - grazie ad alcuni accordi finanziari con gli Emirati - a giocare a tutto campo in Medioriente, la Turchia ripropone sia il suo passato di impero Ottomano egemone nell`area, sia quello di nazione guida nel campo della diplomazia e delle trattative riservate.
Un ruolo volto anche a contrastare un`Arabia Saudita, tradizionale portabandiera delle nazioni arabe sunnite, protagonista, grazie alla mediazione cinese, di un riavvicinamento all`Iran, capofila del mondo sciita.
E proprio la notizia di un imminente quanto storico viaggio a Teheran del principe ereditario saudita Mohammed Bin Salman aiuta a comprendere le mosse di un Erdogan abituato a cavalcare la scena internazionale per difendere il suo ruolo di Sultano e di ago della bilancia delle politiche mediorientali.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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