Politica estera

"L'Iran non collabora": la minaccia di una bomba nucleare entro l'anno

L'Agenzia internazionale per l'energia atomica è sempre più convinta che Teheran abbia deciso di accelerare sul programma nucleare. Il monito Usa a Teheran

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Il programma nucleare iraniano torna ad agitare le diplomazie internazionali. L’Agenzia internazionale per l’energia atomica (Aiea) ha infatti lanciato un nuovo allarme sulle intenzioni del regime degli ayatollah sempre più vicino ad ottenere un arricchimento dell’uranio che potrebbe consentire la produzione di armi di distruzione di massa. E intanto il Guardian riporta che proprio i progressi raggiunti dal Paese mediorientale e l’instabilità determinata dal conflitto nella Striscia di Gaza abbiano rafforzato le fazioni interne alla Repubblica islamica favorevoli alla ricerca sull’atomo a fini militari.

I timori per le iniziative dell’Iran sono stati espressi pochi giorni fa nel corso della riunione trimestrale del consiglio dei governatori dell’Aiea. Durante la seduta il direttore dell’agenzia Onu, Rafael Grossi, ha ammesso che Teheran ha smesso di cooperare con gli ispettori dell’organizzazione i quali hanno perso la “continuità delle conoscenze sulla produzione e sullo stock di centrifughe, rotori, acqua pesante e concentrato di uranio”.

A dimostrazione della criticità del momento, anche Mikhail Ulyanov, il rappresentante russo presso l’Aiea, ha parlato di una situazione che “potrebbe finire fuori controllo”. Il diplomatico della Federazione ha però attribuito la responsabilità degli sviluppi agli Stati Uniti e alla decisione di Donald Trump di ritirarsi dal Jcpoa, lo storico accordo sul nucleare iraniano siglato nel 2015 anche da Cina, Francia, Germania, Regno Unito e Russia. Alla base dell’intesa vi era la concessione di un alleggerimento delle sanzioni imposte contro Teheran in cambio di un freno al suo programma atomico.

In un comunicato congiunto Londra, Parigi e Berlino hanno affermato che la Repubblica islamica “ha continuato ad arricchire l’uranio ben oltre quanto si era impegnata a fare in base al Jcpoa” e pertanto adesso “deve adottare serie e significative azioni per mostrare un reale desiderio di de-escalation”. I tre Paesi europei hanno poi aggiunto che “le recenti dichiarazioni pubbliche fatte in Iran sulle capacità tecniche di produzione di armi nucleari” vanno nella direzione sbagliata. Nella prossima riunione prevista a giugno il gruppo, denominato E3, sarà chiamato a stabilire nuove misure punitive contro Teheran.

Ancora più duro il commento di Laura Holgate, inviata degli Stati Uniti presso l’Aiea. Negli ultimi anni, ha tuonato la rappresentante Usa, il regime teocratico ha cooperato in maniera tardiva e limitata e non ha dato risposte sulla presenza di materiale nucleare in siti non dichiarati. “Non possiamo permettere che l’attuale comportamento continui”, ha concluso Holgate.

Non convincono le rassicurazioni fornite dalle autorità iraniane che si dicono interessate ad un aggiornamento dell’accordo - in scadenza l’anno prossimo - e puntano il dito contro l’arsenale nucleare israeliano sul quale Tel Aviv ha sempre mantenuto un’ambiguità strategica. Il Guardian sottolinea però che negli scorsi mesi figure di alto livello del regime hanno sollevato dubbi sull’impegno a garantire una finalità pacifica al programma atomico.

Il clima di incertezza dovuto alla campagna elettorale Usa e la recente elezione in parlamento a Teheran di esponenti contrari al Jcpoa potrebbe portare all’aggravamento della crisi in Medio Oriente. Kasra Aarabi, esperto dello United against Nuclear Iran, spiega al quotidiano britannico che “il rifiuto dell'amministrazione Biden di imporre conseguenze dirette all'Iran” dopo gli attacchi scatenati dai suoi proxy a partire dal 7 ottobre “ha incoraggiato il regime” e fatto credere ai vertici della teocrazia che si possa passare “all'escalation senza ripercussioni".

Aarabi prevede dunque che di qui a fine anno ci possa essere un’”estrema volatilità” poiché gli iraniani, consapevoli di avere l'“opportunità migliore” per dotarsi di armi nucleari, potrebbero decidere di dare scacco matto prima di un possibile ritorno di Trump a Washington.

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