"Vicini a un accordo". La mossa di Trump sul nucleare iraniano

I colloqui più recenti tra le delegazioni statunitense e iraniana si sono conclusi domenica in Oman, con nuove sessioni già in agenda, secondo fonti ufficiali

"Vicini a un accordo". La mossa di Trump sul nucleare iraniano
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Dichiarazioni distensive giungono dal presidente Donald Trump, che da Doha ha lasciato intendere che un'intesa sul programma nucleare iraniano potrebbe essere imminente. "Credo che siamo vicini a finalizzare un accordo", ha affermato il capo della Casa Bianca, sottolineando l'impegno della sua amministrazione nel perseguire un dialogo costruttivo con Teheran.

L'obiettivo di Trump

"L’obiettivo è raggiungere una pace duratura. Desideriamo che l’Iran prosperi e abbia un ruolo positivo nella regione, ma il possesso di armi nucleari non può essere contemplato", ha aggiunto Trump, come riportato da Al Jazeera. I colloqui, secondo fonti diplomatiche, procedono a ritmi sostenuti e potrebbero segnare un punto di svolta nelle relazioni tra i due storici rivali. I colloqui più recenti tra le delegazioni statunitense e iraniana si sono conclusi domenica in Oman, con nuove sessioni già in agenda, secondo fonti ufficiali. Tuttavia, nonostante la volontà dichiarata da entrambe le parti di risolvere la lunga disputa diplomatica attraverso il dialogo, persistono forti contrasti su punti ritenuti non negoziabili da entrambi i governi. Un nodo centrale resta la prosecuzione dell’arricchimento dell’uranio da parte dell’Iran, su cui Teheran ha ribadito pubblicamente la propria posizione intransigente.

Intanto, secondo giorno consecutivo di ribassi per il greggio: il Brent scivola del 3,25% a 63,95 dollari, mentre il WTI perde il 3,91% a 60,68 dollari. Il calo è stato innescato dall’aumento inatteso delle scorte statunitensi e aggravato dai segnali geopolitici. Al centro dell’attenzione del mercato, proprio i colloqui tra Stati Uniti e Iran: una svolta che potrebbe riportare sul mercato nuove forniture di greggio iraniano, aumentando la pressione sull’equilibrio tra domanda e offerta. Nel frattempo, l’OPEC ha confermato le stime di crescita della domanda per il 2025 e il 2026, mentre l’Agenzia Internazionale dell’Energia prevede un rallentamento della domanda globale nella seconda metà dell’anno, bilanciato da un aumento dell’offerta, trainato soprattutto dalla produzione saudita.

La risposta di Teheran

Le tensioni si sono ulteriormente intensificate dopo che Trump, in dichiarazioni rilasciate martedì, ha definito l’Iran "la forza più distruttiva del Medio Oriente", contrapposta — a suo dire — alla “visione costruttiva” dell’Arabia Saudita. La risposta di Teheran non si è fatta attendere. Il presidente iraniano Masoud Pezeshkian ha accusato gli Stati Uniti di fomentare instabilità nella regione: "Trump pensa di poterci minacciare e sanzionare parlando allo stesso tempo di diritti umani. Le vere cause delle crisi e del caos in Medio Oriente sono loro", ha affermato. Rivendicando un ruolo pacifico per il proprio Paese, Pezeshkian ha respinto anche i tentativi, secondo lui orchestrati da Washington, di dividere il mondo islamico: "L’Arabia Saudita è un Paese musulmano. Come potremmo essere contro di loro? Trump vuole separare l’Iran dal resto del mondo islamico e creare disordini all’interno del nostro Paese".

Nonostante i toni, l'Iran sarebbe pronto a firmare un accordo sul nucleare in cambio della revoca delle sanzioni economiche, Lo ha dichiarato alla Nbc Ali Shamkhani, uno dei principali consiglieri politici, militari e nucleari della Guida suprema iraniana, l'Ayatollah Ali Khamenei. In particolare Teheran si impegnerebbe a non costruire mai armi nucleari, a sbarazzarsi delle sue scorte di uranio altamente arricchito che può essere trasformato in arma, ad arricchire l'uranio solo ai livelli più bassi necessari per uso civile e a consentire agli ispettori internazionali di supervisionare il processo, in cambio dell'immediata revoca di tutte le sanzioni.

Occuparsi solo del nucleare è una scelta vincente?

Con l’Iran ormai a un passo dalla produzione di uranio arricchito al 60% sufficiente per una testata nucleare, qualsiasi nuova intesa dovrà essere ben più severa del JCPOA del 2015. Teheran, pur non costruendo un’arma nel senso tecnico, ha compiuto passi concreti verso la capacità militare nucleare. L’uscita unilaterale degli Stati Uniti dal JCPOA, decisa da Trump, ha intensificato le pressioni economiche sull’Iran, ma ha anche offerto a Teheran il pretesto per accelerare il proprio programma.

Nel frattempo, l’amministrazione americana appare divisa sulla strategia. Da un lato, Trump insiste su un accordo focalizzato sull'impedire l’arma nucleare, dall’altro, figure come l'ex Consigliere per la Sicurezza Nazionale Mike Waltz avevano richiesto un’intesa “globale”, che comprenda anche missili balistici e attività terroristiche. Trump potrebbe accettare un'intesa simile a quella che egli stesso ha affossato nel 2018 — un precedente già visto con il NAFTA, rimpiazzato da un accordo molto simile. Tuttavia, senza vincoli permanenti e con un Iran non disposto a cedere sulle sue “linee rosse”, una soluzione limitata rischia di peggiorare la situazione.

Un’intesa parziale potrebbe infatti alleggerire le sanzioni, rafforzando indirettamente attori come Hezbollah e gli Houthi, senza contenere il programma missilistico. In questo scenario, gli Stati Uniti e i loro alleati perderebbero leva su dossier cruciali.

Infine, ridurre la minaccia regionale solo alla questione nucleare ignora il ruolo devastante giocato dal sostegno iraniano al terrorismo negli ultimi decenni. Mentre i negoziati riprendono, il tempo per una soluzione duratura sembra ormai agli sgoccioli.

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