Pressioni, minacce e sicurezza nazionale: così i dazi sono diventati il “coltellino svizzero” di Trump

Secondo documenti governativi visionati dal Washington Post, l'impiego delle tariffe da parte dell'amministrazione Usa sarebbe più esteso di quanto noto ufficialmente

Pressioni, minacce e sicurezza nazionale: così i dazi sono diventati il “coltellino svizzero” di Trump
00:00 00:00

Dei dazi di Donald Trump potremmo forse avere visto solo la punta dell'iceberg. Come riporta infatti il Washington Post l'impiego delle tariffe doganali da parte del presidente Usa sarebbe più ampio di quando pubblicamente noto e sarebbe arrivato ad abbracciare una serie di obiettivi di sicurezza nazionale ed interessi di singole grandi aziende a stelle e strisce. A sostegno di tale conclusione il quotidiano statunitense cita documenti governativi che svelano come il capo della Casa Bianca e la sua squadra considerino i dazi "il coltellino svizzero della diplomazia". Uno strumento a cui Washington starebbe facendo ricorso non solo per riequilibrare gli scambi commerciali ma anche per far avanzare l'agenda Maga a livello globale e realizzare la promessa di una nuova età dell'oro per l'America.

Gli esempi della dirompente strategia di The Donald non mancano. Nelle scorse settimane i funzionari del dipartimento di Stato hanno valutato la possibilità di chiedere ai partner commerciali di votare contro l'iniziativa internazionale che mira a ridurre le emissioni di gas serra delle navi portacontainer oceaniche. In una bozza di un "promemoria d'azione" è stato comunicato al responsabile della diplomazia degli States Marco Rubio che i suoi funzionari hanno cercato di "inserire la questione nei negoziati commerciali bilaterali in corso" con nazioni marittime come Singapore.

Nei documenti consultati dal Washington Post si scopre che nell'ambito delle aggressive trattative commerciali portate avanti dall'amministrazione repubblicana si è discusso della possibilità di obbligare Israele a eliminare il controllo del porto di Haifa da parte di una società cinese che nel 2015 si è aggiudicata un contratto per la gestione dell'impianto per 25 anni. Washington avrebbe poi sollecitato la Corea del Sud a "sostenere pubblicamente" l'invio di truppe statunitensi come deterrente per la Cina e la Corea del Nord. Su Seul sarebbero state inoltre fatte pressioni al fine di aumentare le spese per la difesa e il contributo economico per coprire i costi legati alla presenza militare degli Stati Uniti in Corea del Sud.

Proprio il continente asiatico è uno dei fronti in cui Trump starebbe concentrando maggiormente le sue iniziative. I funzionari governativi Usa già ad aprile avrebbero elaborato piani per sollecitare i Paesi vicini alla Cina, tra cui Taiwan, India e Indonesia, a confermare relazioni di difesa più strette includendo l'acquisto di equipaggiamenti militari americani e visite agli scali portuali. Richieste che gli addetti ai lavori definiscono insolite nel contesto delle normali trattative commerciali e su cui la Casa Bianca sembra non voler arretrare di un millimetro. Appena pochi giorni fa il tycoon ha infatti minacciato di imporre dazi del 50% sui prodotti indiani per costringere il governo di Nuova Delhi ad interrompere gli acquisti di petrolio russo che, secondo le accuse, contribuirebbero ad alimentare la macchina bellica della Russia.

Washington starebbe anche valutando iniziative volte a favorire le imprese Usa. Funzionari dell'amministrazione repubblicana hanno discusso di come esercitare pressioni su altri Paesi per fornire concessioni ad aziende tra le quali Chevron e Starlink.

Stando a quanto reso noto, i negoziatori del tycoon hanno cercato di imporre al governo dello Stato africano del Lesotho la firma di accordi con "diverse aziende statunitensi" minacciando contro di esso tariffe del 50%. Dopo la lettura delle rivelazioni del Washington Post si capisce dunque forse un po' meglio perché per Trump la parola dazi sia, come ha più volte affermato, la più bella del vocabolario.

Commenti
Pubblica un commento
Non sono consentiti commenti che contengano termini violenti, discriminatori o che contravvengano alle elementari regole di netiquette. Qui le norme di comportamento per esteso.
Accedi
ilGiornale.it Logo Ricarica