
In un contesto regionale segnato da instabilità crescente e pressioni multilaterali, l’amministrazione Trump ha formalizzato, per la prima volta dall’inizio dei colloqui, una proposta scritta per un nuovo accordo sul nucleare iraniano. L’iniziativa, consegnata durante il quarto round negoziale svoltosi domenica a Muscat, rappresenta una svolta significativa nel quadro diplomatico. La notizia, riportata da Axios, evidenzia un cambio di passo sostanziale da parte di Washington, che finora aveva mantenuto un approccio interlocutorio e prevalentemente esplorativo.
La bozza, redatta dal team negoziale statunitense guidato da Steve Witkoff, è stata trasmessa dal ministro degli Esteri iraniano Abbas Araghchi alla leadership di Teheran, dove sarà vagliata dalla Guida Suprema, Ayatollah Ali Khamenei, e dal presidente Masoud Pezeshkian. Secondo fonti vicine al dossier, il documento propone un compromesso articolato: pieno accesso agli impianti iraniani da parte dell’Agenzia Internazionale per l’Energia Atomica (AIEA), cessazione dell’arricchimento di uranio oltre i limiti civili (3,67%), smantellamento delle scorte di uranio altamente arricchito e rientro immediato nella cornice giuridica del JCPOA. In cambio, l’Iran otterrebbe una revoca progressiva ma rapida delle sanzioni economiche primarie e secondarie, incluso l’accesso ai circuiti finanziari internazionali.
Da Doha, dove ha incontrato i vertici degli Stati del Golfo, il presidente Trump ha definito i colloqui “estremamente seri” e ha confermato che Teheran ha “sostanzialmente accettato i termini chiave”. Ma ha anche lanciato un monito: “Abbiamo offerto un’opportunità storica. Ma non resterà sul tavolo per sempre. La finestra diplomatica non è illimitata”. Le parole del presidente si inseriscono in un contesto strategico sensibile. L’escalation delle tensioni nel Golfo, la volatilità dei mercati energetici e la proliferazione di attori non statuali nell’area hanno reso il dossier nucleare nuovamente centrale nell’agenda di sicurezza internazionale.
Fonti iraniane, confermate da una recente intervista rilasciata da Ali Shamkhani a NBC News, indicano che la Repubblica Islamica sarebbe disposta ad accettare un ritorno a un programma nucleare esclusivamente civile, soggetto a verifiche continue, purché vi sia una rimozione “verificabile, irreversibile e non discriminatoria” del regime sanzionatorio. La genesi della proposta americana è il frutto di una dinamica negoziale intensa: dal primo round informale a Muscat, dove Teheran ha presentato una serie di richieste vincolanti, fino al terzo incontro in cui, con un documento aggiornato, Araghchi ha sollecitato un riscontro strutturato da parte degli Stati Uniti. Da lì, un lavoro di analisi tecnica e diplomatica ha portato all’elaborazione di una proposta formale, che, secondo fonti di Washington, incorpora garanzie multilivello, meccanismi di "snapback" automatico e una clausola di revisione annuale.
L’Europa ha già fissato una deadline implicita: entro agosto, se non verrà raggiunto un nuovo accordo, Francia, Germania e Regno Unito procederanno con il ripristino automatico delle sanzioni previste dall’articolo 36 del JCPOA. Le delegazioni dei tre Paesi si incontreranno con gli iraniani venerdì a Istanbul, in un vertice definito “decisivo” da ambienti diplomatici europei.
Durante il suo passaggio nella regione, Trump ha voluto sottolineare che gli Stati Uniti sono pronti a esercitare la forza “in modo mirato e proporzionato” se il processo negoziale dovesse fallire.
Ma ha anche affermato che il suo obiettivo primario è “prevenire un conflitto strategico su vasta scala” e ha esortato i partner regionali, in particolare Qatar e Arabia Saudita, a utilizzare la propria leva diplomatica per favorire un punto di convergenza con Teheran.Nel frattempo, il quinto round ufficiale resta senza data. E il tempo gioca a sfavore di un’intesa.
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