Washington, il caos come strategia

Se il caos persiste, dobbiamo aspettarci misure ancora più radicali per realizzare questa visione, piuttosto che un timido ritorno al passato

Washington, il caos come strategia

Un piano, per quanto audace, non garantisce né un'esecuzione impeccabile né un successo assicurato. Lo abbiamo già sottolineato in passato, analizzando la raffica di ordini esecutivi dell'amministrazione Trump e la visione che li sottende. Ma il fatto che il piano sembri vacillare non significa un ritorno al passato pre-Trump. Tutt'altro: in alcuni casi, siamo letteralmente agli antipodi. Il panorama commerciale globale è un caos. Le tariffe imposte dagli Stati Uniti hanno aperto spazi per ricostruire industrie strategiche e negoziare accordi più vantaggiosi, ma l'approccio on/off e a somma zero di Trump ha generato un'instabilità senza precedenti. Le promesse di nuovi accordi commerciali restano per ora solo parole: i negoziati con la Cina, dopo una pausa parziale sulle tariffe, e nonostante l'amichevole telefonata di ieri tra i due leader, sono di nuovo in stallo, con Trump che accusa Pechino di violare gli accordi di Ginevra e la Cina che risponde trattenendo le terre rare dalle catene di approvvigionamento USA, mentre il bando globale sui chip Huawei esaspera le tensioni. Anche con l'Europa, i negoziati commerciali sono fermi al palo. Persino gli attesi accordi con Giappone e India non hanno fatto passi avanti; solo il Regno Unito ha firmato, per ora.

A complicare il tutto, un tribunale ha stabilito che Trump non ha l'autorità per imporre tariffe generalizzate tramite l'International Emergency Economic Powers Act (Ieepa), anche se l'appello ha sospeso la sentenza in attesa di una terza udienza. La Casa Bianca, tuttavia, ha ancora molte opzioni legali per aggirare eventuali limitazioni, segno che la battaglia tariffaria è tutt'altro che finita. Sul fronte del bilancio, gli investitori stanno puntando il dito contro i Treasury Usa. Nonostante le promesse di ridurre il deficit fiscale al 3% entro il 2028, l'amministrazione Trump continua a spingere tagli fiscali che potrebbero gonfiare il deficit a livelli insostenibili. Il Doge (Department of Government Efficiency), pur esistendo in qualche forma, ha prodotto risparmi irrisori rispetto alle sfide fiscali che si profilano. È un quadro preoccupante, che erode la fiducia degli investitori. La fiducia nel dollaro come valuta di riserva globale e negli asset americani è, per ora, fragile anche se per molti anni ancora mancheranno le alternative. Come si poteva pensare che sarebbe stato diversamente, con la Casa Bianca che spinge per tassare i detentori di asset Usa mentre cerca di ridisegnare l'intero sistema commerciale globale? Altro che rose e cioccolatini: il mercato sembra sottovalutare l'impatto di queste mosse radicali.

Sul piano geopolitico, il disordine regna sovrano. Gli Stati Uniti non riescono a imporre un cessate il fuoco tra Russia e Ucraina, e sembrano inclini a ritirarsi, mentre l'Europa viene trascinata verso un'escalation. L'Ucraina, nel frattempo, ha sferrato un attacco di droni devastante contro la flotta di bombardieri nucleari russi. In Estremo Oriente, il Segretario alla Difesa Hegseth spinge gli alleati indo-pacifici a seguire l'Europa e aumentare la spesa per la difesa al 3,5% del Pil, ma riceve scarso entusiasmo, mentre avverte che un'azione cinese su Taiwan potrebbe essere imminente. In Medio Oriente, l'Iran sembra pronto a respingere un nuovo accordo nucleare americano, certo che gli Usa non lo attaccheranno. Ma cosa farà Israele? I rischi estremi sono evidenti, così come l'allettante prospettiva di una regione pacifica sotto l'egida Usa, capace di fornire petrolio a buon mercato e data center per l'Ia, come promesso da Trump.

Alcuni investitori sembrano convinti che gli intoppi ai piani di Trump preludano a un ritorno ai «bei vecchi tempi». È un errore pericoloso. La visione neo-mercantilista degli Stati Uniti non è cambiata: per i policymaker attuali, il fallimento non è un'opzione, poiché vedono una crisi esistenziale come giustificazione delle loro azioni. Se il caos persiste, dobbiamo aspettarci misure ancora più radicali per realizzare questa visione, piuttosto che un timido ritorno al passato.

Cosa aspettarsi? Sul commercio, prepariamoci a più bastone che carota: la pausa di 90 giorni sulle tariffe con la Cina sembra essere stata solo una mossa tattica per «ricaricare le batterie», come dimostrato dal raddoppio delle tariffe su acciaio e alluminio. Sul bilancio, con le necessità di difesa in aumento, potremmo vedere un pivot verso una politica di crescita stile Liz Truss, con tutti i rischi che comporta. Sul dollaro e gli asset Usa, aspettatevi un uso più aggressivo dell'economic statecraft per costringere o convincere gli investitori stranieri a entrare sotto un nuovo ombrello di difesa, tecnologia, sicurezza e finanza made in USA. In geopolitica, l'imprevedibile è dietro l'angolo, ovunque.

La Casa Bianca non vede alcun senso nel tornare indietro, nonostante iC sogni di mercato

di un ritorno alla normalità. Il caos attuale non è un inciampo, ma parte di una strategia che punta a un punto di non ritorno. Prepariamoci a un mondo ridisegnato, con tutti i rischi e le opportunità che questo comporta

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