Politica internazionale

Le tre rotte che puntano sull'Italia: così gli scafisti aggirano i controlli

I migranti morti tragicamente davanti la cittadina ellenica di Pylos erano partiti dalla Cirenaica, la regione controllata da Haftar da dove da un anno si registrano le partenze di pescherecci con in media 500 migranti a bordo

Foto d'archivio
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Le tre rotte che puntano sull'Italia: così gli scafisti aggirano i controlli

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Un naufragio a largo della Grecia può significare il coinvolgimento di diverse rotte del Mediterraneo. Quella orientale, da cui si parte dalla Turchia, e quella centrale, che a sua volta si divide in altri tre "rivoli". Secondo le ultime informazioni, è proprio quest'ultima a essere stata direttamente interessata dalla tragedia del barcone affondato a largo di Pylos. Nella cittadina costiera del Peloponneso, le autorità elleniche sono ancora coinvolte nelle operazioni di ricerca e soccorso dei migranti.

Ma è lo stesso governo di Atene a mettere in guardia sulla grave entità della tragedia. Nei fondali di fronte Pylos, potrebbero esserci fino a 600 migranti dispersi. Un numero più tragico del previsto. E che richiama alle dinamiche di una delle rotte del Mediterraneo centrale più frequentate negli ultimi mesi, ossia quella che ha nella Cirenaica i propri porti di partenza.

La pericolosità delle rotte del Mediterraneo centrale

Anche Frontex ha certificato nelle ultime ore la grande impennata di sbarchi lungo la rotta del Mediterraneo centrale. La fotografia scattata dall'agenzia per il controllo delle frontiere europee, appare impietosa. Rispetto ai primi cinque mesi del 2022, tra gennaio e maggio del 2023 l'aumento degli sbarchi è stato nell'ordine del 158%. Non solo, ma secondo Frontex quella del Mediterraneo centrale è l'unica rotta di migranti diretti verso l'Ue a crescere. Tutte le altre hanno registrato importanti flessioni.

Il vero problema è che quando si parla di rotta del Mediterraneo centrale, si fa riferimento ad almeno tre sotto rotte. Quella tunisina, quella tripolina e quella cirenaica. E c'è quindi il coinvolgimento di almeno tre attori internazionali. Da una parte il governo tunisino con i suoi gravi problemi interni, tanto a livello economico quanto sociale. Il presidente Kais Saied sta aspettando risposte dall'Fmi per lo sblocco dei due miliardi di Dollari promessi. Soldi che permetterebbero a Tunisi quanto meno di sopravvivere. L'arrivo delle somme è però condizionato a riforme che lo stesso Saied appare restio ad applicare. Da qui l'intensa opera diplomatica dell'Italia, consapevole che lasciare allo sbaraglio la Tunisia implicherebbe gravi conseguenze a livello migratorio.

Ci sono poi i due principali attori libici. A partire dal premier Abdul Hamid Ddeiba, a guida del governo stanziato a Tripoli. Dalla Tripolitania i barconi sono continuati a partire, anche se da maggio sono state riscontrate flessioni e soprattutto le forze del governo locale per la prima volta hanno iniziato a colpire i trafficanti. In alcuni casi anche bombardando le basi con i droni.

Il vero nodo della questione legata alla strage di Pylos ha a che vedere però con il generale Khalifa Haftar. Il barcone affondato è partito da Tobruk, dalle coste cioè controllate dall'uomo forte della Cirenaica. Da qui fino allo scorso anno non salpava nessuno. Poi qualcosa è cambiato. Decine di pescherecci sono stati convertiti in mezzi usati dai trafficanti per trasportare in Italia una media di 500 migranti per ogni viaggio. Le dimensioni della strage a largo della Grecia lo dimostrano: se le autorità elleniche parlano di 600 dispersi non è certo un caso, è probabile che dalla Cirenaica i trafficanti non abbiano avuto scrupoli nel far salire a bordo quante più persone possibili, andando ben oltre la capienza dell'imbarcazione.

Un problema politico

Dovendo mediare tra tre diversi attori, per l'Italia fare fronte alle impennate registrate nel Mediterraneo centrale non è certo semplice. Per questo Roma continua a chiedere l'appoggio dell'Ue. Domenica un primo passo in tal senso si è avuto con la visita di Giorgia Meloni a Tunisi, accompagnata dalla presidente della commissione Ursula Von Der Leyen e dal premier olandese Mark Rutte. Ma se con la Tunisia la situazione è più gestibile, con la Libia è diverso.

Qui gli attori sono di più e il caos libico rende tutto molto più imprevedibile. Nei giorni scorsi, come detto, le forze di Ddeibah hanno bersagliato con i droni le basi di alcuni trafficanti nell'ovest del Paese. Dal canto suo invece il generale Haftar aveva iniziato a respingere i migranti. Un barcone nei giorni scorsi era tornato indietro verso Bengasi, con l'alt intimato dall'Lna, ossia l'esercito guidato dall'uomo forte della Cirenaica. Inoltre, altri migranti sono stati respinti verso la frontiera egiziana.

La strage di Pylos ha quindi colto di sorpresa sia le autorità elleniche che quelle italiane. Si pensava infatti che anche nell'est della Libia oramai le forze locali erano in procinto di avviare un'inversione di tendenza nella gestione dei flussi migratori. Qualcosa a Tobruk potrebbe quindi essere sfuggito dal controllo di Haftar. Oppure il generale ha avuto un altro dei suoi imprevedibili ripensamenti. Comunque la si veda, appare chiaro che la gestione dell'immigrazione proveniente dal Mediterraneo centrale non è per nulla semplice.

E questo potrebbe portare ad altri morti in mare.

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