
da Roma
«Vi assicuro che il clima è preoccupante. E che una volta usciti dalle acque internazionali ed entrati nelle acque di un altro Stato, non siamo più in grado di garantire la sicurezza. Né noi, né nessun altro Paese al mondo. E questo vorrei che fosse chiaro». Il tono è pacato ma fermo, il volto è tirato. Sono da poco passate le otto e mezzo di mattina e Guido Crosetto è già nell'aula della Camera per l'informativa urgente del governo sulla Global Sumud Flottilla. Il ministro della Difesa ripete il concetto per sottolinearlo: «Il clima è preoccupante».
Insomma, la situazione è critica. E un'eventuale escalation potrebbe portare a conseguenze che nessuno si augura. E questo nonostante l'Italia - unico Paese insieme alla Spagna - abbia deciso di mandare una nave della Marina nell'area in cui è in navigazione la Flottilla, che nella notte tra martedì e mercoledì è stata vittima di un attacco di droni. In un primo momento è stata inviata la fregata Fasan, che era già in navigazione a nord di Creta, con l'obiettivo di «fornire assistenza ai cittadini italiani presenti». Ma nelle prossime ore sarà la nave Alpino a darle il cambio, una fregata anti-sommergibile che è ottimizzata per la caccia subacquea e la guerra elettronica grazie all'impiego di sonar di ultima generazione.
La ratio di questa decisione Crosetto la spiega così: «In democrazia qualunque azione di protesta civile deve essere tutelata quando si svolge nel rispetto delle regole e del diritto internazionale e non può essere soffocata con la violenza». Con un limite ben chiaro e invalicabile. La Alpino potrà fornire assistenza, protezione ed eventualmente soccorso finché sarà in acque internazionali. Ma in acque israeliane, dice il ministro della Difesa senza troppi giri di parole, «non siamo più in grado di garantire la sicurezza». Perché, aggiunge, quella della Marina italiana non è una «nave di scorta» della Flottilla, né «un atto di guerra» o una «provocazione» nei confronti di Israele. Concetto su cui tornerà anche Giovanbattista Fazzolari. La nostra, spiega il sottosegretario alla presidenza del Consiglio, «non è una scorta militare alla Flottilla», ma ha solo l'obiettivo di «accertarsi se c'è necessità di soccorso» visto che «c'è stata un'azione di disturbo con dei droni che hanno anche colpito delle vele di queste imbarcazioni».
L'informativa in Parlamento offre poi a Crosetto la possibilità di interrogarsi sulla necessità di un'operazione tanto rischiosa. «Era proprio necessario mettere a repentaglio l'incolumità di cittadini italiani per portare aiuti a Gaza?», chiede evidentemente rivolto alle opposizioni. «Il governo italiano - aggiunge il ministro della Difesa - ha sostenuto in maniera significativa la popolazione nella Striscia e siamo in grado in poche ore di portare aiuti. Ho chiesto fino a che punto doveva arrivare la Flotilla. Continueremo a lavorare perché non accada nessun incidente e chiedo su questo il vostro aiuto. Il nostro obiettivo è far arrivare a destinazione gli aiuti della Flotilla e tutelare ciascuna delle persone che si trovano a bordo».
Il punto, adesso, è trovare una via d'uscita. Perché, spiega Fazzolari, «questa azione simbolica è importante per sensibilizzare l'opinione pubblica a livello mondiale su quanto sta accadendo a Gaza» ed «è bene che venga ricondotta a un'iniziativa simbolica che non degeneri». E, aggiunge, siccome Israele «ha annunciato un blocco navale a ridosso delle sue acque territoriali» questo significa che esiste «la possibilità di uso della forza per impedire l'ingresso nelle proprie acque». Insomma, le imbarcazioni della Flottilla potrebbero «essere oggetto di azioni di forza» da parte di Tel Aviv e «qualcuno potrebbe di conseguenza correre rischi importanti». «Questo - insiste Fazzolari - dobbiamo essere chiari nel dirlo».
È per questa ragione che il governo si è «attivato ulteriormente proponendo due diverse alternative».
La prima è la consegna degli aiuti in un porto israeliano, la seconda è invece la consegna a Cipro con la garanzia che gli aiuti arriveranno a Gaza grazie al Patriarcato di Gerusalemme. «Se poi qualcuno reputa che in nome della causa palestinese possa essere di attenzione fare affondare una nave o che qualcuno ci rimetta la pelle - conclude Fazzolari - questo è qualcosa di più e di molto diverso».