Ultim'ora
Garlasco, indagato l'ex procuratore: "Corrotto per scagionare Sempio
Ultim'ora
Garlasco, indagato l'ex procuratore: "Corrotto per scagionare Sempio

"E se dovesse scapparci il morto?". Quell'invito ai dem ad abbassare i toni

La preoccupazione del ministro Ciriani: "Responsabilità". "Timori" anche dal Colle

"E se dovesse scapparci il morto?". Quell'invito ai dem ad abbassare i toni

«E se ci scappa il morto?»... «E se quelli della Flotilla non si accontenteranno del risultato politico, della vittoria mediatica puntando su Cipro ma faranno rotta su Gaza noi che dovremmo fare? Mandare le nostre navi a far la guerra ad Israele?». Domande. Tante. Nel salone principale di Palazzo Madama il ministro Luca Ciriani ne infila una dietro l'altra. Trasmette l'aria tesa che si respira nel governo. Guido Crosetto alla Camera ha fatto appello all'opposizione usando toni molto disponibili al punto che il vicesegretario del Pd, Beppe Provenzano, ha commentato tra il serio e il faceto: «Sembrava il ministro di un altro governo, di un altro partito». Poi, però, al Senato il ministro della Difesa - si dice perché qualcuno gli ha chiesto di riallinearsi con la maggioranza - ha messo i puntini sull'assenza di collaborazione dell'opposizione. Almeno nelle parole, nei fatti ha comunque tentato di aprire uno spiraglio con i grillini. Si è chiamato il capogruppo Patuanelli per spiegargli i rischi che corre la «Flotilla» e gli italiani, compresi i parlamentari, che sono a bordo. Messaggio che per ora non ha sortito effetto.

Ciriani invece è più netto. «L'opposizione - spiega - dovrebbe farsi coinvolgere perché entro tre giorni la Flotilla arriverà in acque israeliane. Lasciamo stare grillini e Avs che sono degli scappati di casa, ma il Pd fa parte della grande famiglia socialista dovrebbe mostrarsi responsabile».

Purtroppo in uno scenario internazionale tragico maggioranza e opposizione in Italia sono al muro contro muro. Lo vedi in Parlamento, lo vedi nelle piazze. Pure il Quirinale è preoccupato. C'è il timore che lo scontro degeneri colpa del linguaggio, dei toni e della campagna elettorale. L'altro ieri era apparsa alla stazione di Porta Susa a Torino la scritta «Meloni come Kirk». Nel Palazzo si racconta che Mattarella abbia fatto presente i rischi della situazione al ministro dell'Interno Piantedosi aggiungendo che forse è stato un errore non organizzare un election day per le regionali per evitare una campagna strisciante di mesi. Ma siamo al senno di poi. Nessuno crede che lo scenario cambi. Pure l'idea di una mozione unitaria sulla Palestina che accomuni tutti sulla tesi dei «due Stati» lanciata dalla Meloni appare, salvo colpi di scena, archiviata. «La sinistra - accusa Ciriani - è a corto di argomenti di politica interna e vuole utilizzare una tragedia internazionale per fini elettorali. Nel dibattito del 2 ottobre ci sarà una risoluzione della maggioranza e un'altra dell'opposizione. Forse Calenda farà qualche passo verso di noi, ma non ci conto. Anche perché noi non possiamo riconoscere lo Stato di Palestina immediatamente. Dicono che l'interlocutore dovrebbe essere l'autorità palestinese, il problema però è che controlla solo Ramal mentre a Gaza è considerata addirittura nemica. Per cui se riconosci ora lo Stato di Palestina senza aver prima spazzato via Hamas, finisci per legittimare Hamas». Tutti sono rigidi sulle loro posizioni. Retaggi delle campagne elettorali. È destino. «La Meloni - rimarca il capo dei senatori del Pd Francesco Boccia - sulla Palestina sta facendo la furba. Per lei sarebbe semplice fare come Macron: riconoscere ora lo Stato palestinese e aprire l'ambasciata finita Hamas. Ma non vuole dispiacere Trump. Per cui non sta con i 159 paesi che hanno riconosciuto la Palestina, ma si schiera con la Bielorussia e gli Stati canaglia». Appunto, il rapporto con Trump. «Per la Meloni Trump è stata una sciagura - si infervora Boccia -:, sono sicuro che rimpianga Biden. Con due mosse ci avrebbe dato scacco matto: se fosse entrata nel Ppe e si fosse schierata con l'Europa difendendone l'indipendenza da Trump, come un Craxi redivivo. Non è però nelle sue corde e non lo farà mai».

Già a sinistra non credono nella buonafede della Meloni. «Se parli all'Onu di una mediazione in corso - confida Provenzano - significa che la vuoi sabotare». Sono le regole della campagna elettorale. In un angolo di Palazzo Madama Dario Franceschini ci congettura su. «Il tema Palestina - immagina - peserà anche sul voto delle Marche. Le manifestazioni sono state spontanee. La gente ha tutti i giorni negli occhi questa tragedia. Se è possibile un'intesa sull'argomento con il governo? Lo scontro è duro. Quelli pensano già alle politiche. Stanno andando avanti con la legge elettorale. E con il premio di maggioranza si modifica l'assetto istituzionale sul piano sistemico.

Chi vince si elegge il capo dello Stato da solo. E cosi si cambia la natura della carica. Bisogna vedere se Lega e Forza Italia permetteranno alla Meloni di fare una legge elettorale che le penalizza. Non mi sembrano però dei cuor di leone».

Commenti
Pubblica un commento
Non sono consentiti commenti che contengano termini violenti, discriminatori o che contravvengano alle elementari regole di netiquette. Qui le norme di comportamento per esteso.
Accedi
ilGiornale.it Logo Ricarica