“Ha un malessere”. E la nipote di Fidel Castro non si presenta all’incontro di Milano

Un gruppo di donne ha contestato la presenza di Mariela Castro alla Casa dei Diritti del Comune di Milano: ma la deputata cubana non si è presentata

“Ha un malessere”. E la nipote di Fidel Castro non si presenta all’incontro di Milano

Milano, zona Colonne di San Lorenzo. In un caldo pomeriggio di febbraio, Mariela Castro, nipote di Fidel Castro, è arrivata all’ombra della Madonnina per tenere una lezione sui diritti umani e LGBTQ agli italiani. E Milano non sarà nemmeno l’unica città in cui sono previste queste lezioni, perché la nipote del “Lìder Maxìmo” ha organizzato un vero e proprio tour nel nostro Paese, con tappa a Genova, Firenze, Crotone, Catanzaro, Roma e Pescara. A Milano non è stata scelta una location qualunque ma la Casa dei Diritti del Comune di Milano, istituzione della quale sono stati annunciati dei rappresentanti a questo incontro, dove l’associazione Italia Cuba ha deciso di invitare l’esponente del governo. Ed è peculiare che la sinistra che esalta Mariela Castro, oggi esponente del parlamento cubano, si dimentichi che sotto il regime di suo zio la comunità LGBTQ è stata una delle più compresse, ghettizzate e marginalizzate.

Questa sinistra si dimentica anche che cosa è oggi Cuba, Paese che ha continuato a mantenere la struttura del regime, dove il dissenso non è contemplato, dove chi protesta viene mandato in carcere. Eppure, oggi è stato concesso questo spazio dove si dovrebbe parlare di diritti. Ed è quello che hanno scandito alcuni cubani nei pressi della Casa dei Diritti, prima che arrivasse la Castro, mostrando le foto dei giovani finiti in carcere nell’ultimo anno solo perché contrari all’ideologia e al regime cubano. All’ingresso sono stati sospettosi, ci hanno tenuto sotto controllo per tutto il tempo che siamo rimasti all’interno. “Se sei venuta per fare casino già non ci piaci”, ci hanno detto appena ci siamo seduti, quando l’incontro ancora non era iniziato. Ci hanno tenuto d’occhio perché non eravamo “dei loro”. L’attenzione sugli “intrusi” era altissima: non volevano per nessun motivo che ci fossero all’interno persone che avrebbero potuto contestare l’incontro. Ci hanno fatto qualificare, chi hanno chiesto per chi scriviamo e la diffidenza è rimasta. Si sono voluti accertare che non fossimo “dell’altra sponda”, ossia parte del gruppo che stava contestando l’incontro all’esterno della struttura.

A un certo punto c’è stato un po’ di movimento, le persone sedute nei posti riservati sono state fatte uscire in modo concitato dalla sala al piano terra: era evidente che stesse accadendo qualcosa. Ogni tanto qualcuno guardava nella nostra direzione, indicava “la giornalista”. Passate le 17.20, ecco l’annuncio: Mariela Castro non sarebbe venuta a causa di un malessere, giustificato dal lungo viaggio. Ma la sensazione è che non sia stato realmente questo il motivo. Subito dopo l’annuncio, si alza una voce alle nostre spalle: “Meglio così, avremmo sentito solo un sacco di bugie”.

Era una ragazza, che da un gruppetto di signore attempate che per tutto il tempo che siamo rimasti all’interno della sala si è dichiarata orgogliosamente di sinistra, al contrario dell’attuale Pd, considerato una “Democrazia cristiana tendente a sinistra”, è stata considerata “troppo fine” per essere parte del gruppo di contestatrici. Quando siamo usciti, le donne che fino a poco tempo prima gridavano al megafono la loro protesta contro la Castro si abbracciavano ed esultavano: “Abbiamo vinto”.

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