Linea dura Ue sulla rotta balcanica. Ma "dimentica" gli sbarchi

Pronto un piano specifico per ridimensionare gli ingressi irregolari dai Balcani, mentre per Bruxelles non esiste una vera emergenza immigrazione nel Mediterraneo

Linea dura Ue sulla rotta balcanica. Ma "dimentica" gli sbarchi

Un muro fisso e definitivo l'Unione Europea non lo finanzierà ma, al contempo, per Bruxelles la priorità sull'immigrazione sembra data proprio da quel confine tra Turchia e Bulgaria in cui alcuni Paesi da tempo chiedono la costruzione di una barriera più robusta. La rotta balcanica cioè sembra avere, tra i vertici della commissione, priorità rispetto a quella mediterranea.

Niente di male dato che una parte di quella rotta mette sotto pressione il confini orientali dell'Italia, ma la sensazione è che più a sud manchi lo stesso pragmatismo. E questo nonostante le rassicurazioni arrivate da Ursula Von Der Leyen nelle scorse ore. "Dobbiamo urgentemente affrontare la situazione nel Mediterraneo centrale. La pressione migratoria è cresciuta sensibilmente e spesso tragicamente, a spese di vite umane - ha dichiarato il presidente della commissione - Dobbiamo sostenere i nostri Paesi membri, così come i partner del Nord Africa, nel coordinare le capacità di ricerca e soccorso. E continueremo a sostenere Oim e Unhcr per costruire capacità per l'asilo, accoglienza e rimpatrio. Allo stesso tempo, continueremo a sostenere i Paesi membri ad affrontare le sfide nelle rotte del Mediterraneo orientale e occidentale".

La lettera di Ursula Von Der Leyen

Così come scritto da Marco Bresolin su La stampa, nella lettera inviata ai capi di Stato e di governo lo scorso 26 gennaio dal presidente della commissione europea Ursula Von Der Leyen, viene dato sul fronte immigrazione maggior risalto alla rotta balcanica.

È stata infatti esplicitamente definita “prioritaria” la situazione relativa al confine tra Turchia e Bulgaria, quello cioè maggiormente preso d'assalto dai migranti che vogliono poi procedere verso il territorio europeo attraversando la penisola balcanica.

Se da un lato è stato a più riprese ribadito un secco No al finanziamento di un muro vero e proprio lungo la frontiera, dall'altro però non è stata esclusa l'eventualità di irrobustire il confine con opere mobili e barriere più alte. Non solo, ma è in fase di valutazione un piano di azione più dettagliato per ridimensionare la portata della rotta balcanica.

Come ad esempio il progetto pilota relativo alla “procedura di frontiera”. Una procedura che riguarda cioè un veloce esame della domanda di asilo direttamente al confine, in modo da riportare indietro e rimpatriare chi non ha i titoli per entrare. Previsti anche maggiori controlli alle frontiere, grazie al supporto dell'agenzia Frontex.

Tra nuove barriere, seppur non fisse, più controlli e maggiore rapidità nell'esame delle domande di asilo, il piano per riportare in basso i numeri della principale rotta migratoria sembra quindi prendere forma. E verrà discusso il prossimo 9 febbraio, in occasione del consiglio europeo.

Perché Bruxelles vuole agire sui Balcani

Tanto dettagliato il piano per la rotta balcanica, quanto aleatoria invece la posizione verso altre rotte che preoccupano l'Italia. Sul Mediterraneo l'Ue infatti al momento non ha dato precise indicazioni. L'unica nota positiva per Roma è data dall'input del Partito Popolare Europeo, espresso dal presidente Manfred Weber, di istituire un codice europeo di comportamento per le Ong.

Ma tutto per ora tace. Come riportato sempre su La Stampa, a Bruxelles si è tenuto nelle scorse ore una riunione del gruppo di contatto per le attività di ricerca e soccorso e non sono emerse novità sulle proposte del Ppe.

Il motivo di una tale differenza di comportamento non è dato solo dai numeri. Le cifre parlano certo chiaro: nel 2022 la rotta balcanica è stata la più trafficata, con più di 145mila attraversamenti irregolari del territorio comunitario accertati e un aumento rispetto al 2021 del 136%. Ma c'è anche dell'altro.

L'Ue è infatti spinta ad agire soprattutto per le incalzati richieste dei Paesi del centro e nord Europa. L'Austria in primis, con Vienna promotrice dell'iniziativa volta a creare un finanziamento europeo per il muro tra Turchia e Bulgaria. Una posizione appoggiata nei giorni scorsi anche dai Paesi Bassi.

E di certo politiche più mirate sulla rotta balcanica non dispiacerebbero nemmeno alla Germania e alla stessa Svezia, presidente di turno dell'Ue fino a luglio.

È lì la falla del confine percepita come realmente dannosa per il territorio comunitario. Le frontiere marittime, in poche parole, possono per il momento aspettare. Al pari di interventi più importanti volti ad aiutare il massiccio incremento di sbarchi in Italia.

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