Nuovo accordo tra Ue e Tunisia sui migranti: ecco cosa cambia

L'intesa prevede la possibilità di siglare un accordo per rafforzare il controllo sia delle frontiere marittime che terrestri della Tunisia. Ma non mancano le incognite

Nuovo accordo tra Ue e Tunisia sui migranti: ecco cosa cambia

L'immigrazione dalla Tunisia non si ferma. Anche per questo l'Italia ha più volte richiesto il sostegno politico dell'Ue, come emerso soprattutto dalla visita delle settimane scorse del commissario Paolo Gentiloni a Tunisi. Ieri è stata la volta invece di Ylva Johannson, commissaria Ue agli affari interni. Gli incontri sembrano aver dato alcuni frutti a livello politico. Il governo del Paese nordafricano ha infatti stretto un accordo con l'esecutivo comunitario per avviare un programma volto a ridimensionare i flussi migratori. Anche se al momento si parla di intese, in attesa di accordi veri e propri da firmare nelle prossime settimane.

Le intese dopo la visita di Johansson a Tunisi

I numeri dicono tanto, se non tutto, delle attuali dinamiche migratorie. Rispetto al 2022, al momento la rotta tunisina ha visto un incremento di quasi l'800% delle partenze. Con i barconi che, nella stragrande maggioranza dei casi, raggiungono poi l'Italia. Da qui l'interesse di Roma a quantomeno limitare i danni. Anche perché l'estate incombe e il rischio concreto è di vedere incrementare ulteriormente le cifre.

Ieri la commissaria Johansson è atterrata a Tunisi sapendo di avere davanti un governo in grosse difficoltà. La Tunisia rischia di non avere più soldi in cassa da qui a pochi mesi, il debito pubblico in aumento ma soprattutto la gente ha sempre più fame e meno denaro da spendere anche per i generi di prima necessità. Il presidente Saied ha chiesto lo sblocco dei fondi da parte dell'Fmi, per un piano che dovrebbe portare nelle casse quasi due miliardi di Euro. Una piccola ma vitale boccata di ossigeno.

Tuttavia, anche in questo caso i numeri dicono molto: a partire non sono soltanto tunisini, anzi la maggior parte di chi si imbarca da queste parti ha origine subsahariana. Segno di come non c'è in corso un esodo di tunisini verso l'Italia, ma più semplicemente i trafficanti e le organizzazioni locali sono riusciti nel contesto attuale a incrementare i propri macabri affari. Non è un caso quindi che il ministro degli esteri tunisino, Nabil Ammar, abbia chiesto a Johansson in primo luogo "solidarietà" da parte dell'Ue. Una solidarietà esprimibile in programmi volti ad aiutare Tunisi a fronteggiare l'impennata delle partenze. Dal canto suo, la commissaria ha risposto elogiando gli sforzi del governo nordafricano e promettendo quindi aiuti.

Uno scambio di rassicurazioni reciproche che ha portato a delle prime intese. In particolare, le due parti hanno concluso un accordo che prevede il rafforzamento della cooperazione di polizia, così come il rafforzamento della cooperazione operativa con le agenzie europee competenti come Eurojust ed Europol. Sarà proprio l'Europol, assieme alle autorità tunisine, a lavorare per la stesura e la successiva firma di un accordo quadro operativo. La cooperazione riguarderà soprattutto il controllo delle frontiere marittime, così come quelle meridionali della Tunisia, da cui transitano molti migranti di origine subsahariana.

Non solo, ma è stata decisa anche la collaborazione sul fronte dell'informazione. L'Ue infatti finanzierà campagne volte a sensibilizzare i migranti sui pericoli relativi alle traversate. Una vera e propria campagna mediatica che ha come scopo principale il contrasto della "promozione" dei viaggi della speranza attuata dalle organizzazioni criminali.

La posizione dell'Italia

Roma da tempo chiede un maggior impegno europeo in Tunisia. Un impegno duplice: da un lato volto ad aiutare Tunisi a rafforzare il contrasto ai trafficanti, dall'alto volto a evitare il fallimento del Paese e l'implosione della società tunisina. L'Italia si è fatta nelle settimane scorse portavoce delle istanze del governo nordafricano. Il ministro degli Esteri Antonio Tajani ha discusso del piano di aiuti dell'Fmi con il segretario di Stato Usa, Antony Blinken, al fine di sbloccare i fondi.

Dunque, le intese con l'Ue sembrano andare nella giusta direzione. Ma non mancano le incognite. I fondi dell'Fmi non sono stati sbloccati per via delle recenti posizioni assunte dal presidente tunisino Saied. Quest'ultimo ha chiesto più tempo per realizzare le riforme richieste per ottenere gli aiuti, tra cui lo stop ai sussidi per le fasce più deboli della popolazione e maggiori privatizzazioni. Elementi in contrasto sia con il proprio piano politico che con l'esigenza attuale di tutelare le famiglie più povere.

Non solo, ma la Banca Mondiale ha anche sospeso molti piani portati avanti in Tunisia dopo le parole di Saied contro la presenza di migranti subsahariani. Una presenza vista dal capo dello Stato tunisino come figlia di un piano per destabilizzare il Paese e allontanarlo dalla propria cultura e tradizione araba.

Il successo delle intese con l'Ue quindi passa molto dal comportamento del governo tunisino e dello stesso Saied.

In ballo non c'è soltanto la questione migratoria, bensì anche il mantenimento della stabilità a Tunisi e il rafforzamento della cooperazione tra le due sponde del Mediterraneo. Argomento quest'ultimo molto caro soprattutto al nostro Paese.

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