All'ombra della tregua commerciale (e della distensione politica) tra Stati Uniti e Cina, che avviene mentre l'Unione Europea prepara nuove e più stringenti regole sulla sicurezza economica, Emmanuel Macron è sbarcato a Pechino, accompagnato dalla moglie e da una delegazione imprenditoriale di altissimo livello.
L'obiettivo di Macron, che ha voluto mettere strategicamente piede a Pechino prima di Donald Trump, è chiaro ed esplicito: fare della Francia l'interlocutore privilegiato della Cina nell'Unione Europea. Per farlo, ha portato alla corte di Xi la crème de la crème della grande industria francese.
Panda, progetti e promesse
Ridurre il deficit commerciale, chiedere investimenti e trasferimenti tecnologici, ricevere una mano in Ucraina, vendere i migliori prodotti made in France nel più grande mercato di consumo del pianeta. Macron è atterrato a Pechino con in mente questi obiettivi, provando a cogliere l'attimo della distensione sino-americana per migliorare l'interscambio con quello che è il suo settimo partner commerciale.
Il leader francese è volato nella capitale cinese a capo di una squadra di quasi cento persone, tra cui una quarantina di amministratori delegati. Figure apicali che rappresentano il meglio del meglio che la Francia ha da offrire: BNP Paribas, Schneider, Alstom, Airbus, EDF. Nomi e sigle che parlano delle aspettative di Macron relative al raggiungimento di accordi in settori-chiave come l'aviazione, le ferrovie, il nucleare, l'intelligenza artificiale, l'agroindustria.
Macron non ha nascosto, alla vigilia del viaggio, di avere alcuni sogni nel cassetto: finalizzare la vendita di 500 jet della Airbus, sbloccare le esportazioni di pollame e prodotti enologici e lattiero-caseari, ottenere investimenti cinesi in Francia basati sul trasferimento di know-how nel nucleare, nel solare e nell'intelligenza artificiale.
Negoziazioni ostiche
La prima giornata di incontri si è conclusa senza la firma dei maxi-accordi sognati da Macron, sebbene sia stata una preziosa occasione di confronto diretto per gli imprenditori francesi e cinesi.
Xi ha fatto intuire in conferenza stampa che l'apertura della Cina non può e non potrà essere a senso unico: è un do ut des ciò che la dirigenza cinese sta cercando. Nello specifico, Xi è alla ricerca di coerenza da parte di Macron, al quale ha detto che "non conta quanto l'ambiente esterno cambi, i nostri due paesi dovrebbero sempre dimostrare [di avere] l'indipendenza e la visione strategica delle grandi potenze".
Spiegato altrimenti, Xi investirà a Parigi a condizione che quest'ultima cessi di essere la capofila del movimento
protezionistico eurocomunitario che, dalle vetture elettriche alle piattaforme di commercio elettronico, sta lentamente portando al disaccoppiamento di Unione Europea e Cina. O, come lo chiamano a Bruxelles, il derischio.