La politica da salotto che fa pagare ad altri i propri errori

(...) È chiaro che come esponete della Lega non posso che apprezzare iniziative di questo tipo. Il nostro stesso Movimento ha indetto per il 22 Gennaio a Milano una manifestazione di piazza contro il governo dei banchieri ed anche in Liguria ci stiamo impegnando per la buona riuscita dell’evento con l’organizzazione di numerosi pullman. Ritengo fondamentale che in ogni città nascano dei momenti di confronto sui temi di politica nazionale che coinvolgano soggetti di diversa provenienza. Molti infatti sono i cittadini sgomenti di fronte al fatto che con l’arrivo di Monti a Palazzo Chigi siamo passati, da parte dei mass media e degli organismi europei, dal tutto male al tutto bene. L’aumento della già pesante fiscalità, la riduzione delle coperture pensionistiche, le nuove imposte sul patrimonio immobiliare, l’aumento delle accise sui carburanti, dell’Iva, i nuovi vituperati tagli lineari agli enti periferici, che sarebbero stati la tomba di qualsiasi governo eletto, vengono esaltati, salvo rare eccezioni, come la soluzione salvifica dei mali economici del nostro Paese, della crisi dell’euro e della stessa Europa.
Oggi siamo governati da burocrati di Stato, da banchieri e da un presidente, nominato senatore a vita, costretto alle dimissioni da commissario europeo «per responsabilità collegiali in casi di frode, cattiva gestione e nepotismo» nonché membro di due potenti club mondialisti: il Bildeberg e la Commissione Trilaterale fra i cui componenti si trovano i principali artefici della crisi finanziaria che investe da tempo il mondo occidentale e segnatamente l’Europa. Un governo tecnico-politico senza alcuna legittimazione popolare e nominato grazie alla regia di un presidente della Repubblica che di fatto ha stravolto la Costituzione repubblicana e che è il vero regista di questo ribaltone mascherato.
Bisogna mobilitare le coscienze e far comprendere che la nostra democrazia sta vivendo probabilmente uno dei momenti più difficili. Il nostro Stato sta perdendo la legittimità popolare e contemporaneamente considerevoli quote della propria sovranità. Ormai sono i paesi europei più forti a dettarci la nostra politica economica e monetaria. I primi detentori dei titoli di Stato italiani sul mercato internazionale sono le banche straniere che si illudono di rimanere a galla senza capire che ciò che scricchiola in questa tempesta finanziaria, non è solo il nostro Paese ma l’intera impalcatura europea e la sua moneta frutto di un progetto tecnocratico ed astratto dal quale i popoli sono stati tenuti estranei.
«Dove va la moneta senza Stato?» titolava tempo fa la rivista Limes mentre i dubbi sulla tenuta dell’euro trovano già in Von Hayek un illustre censore. I commentatori in coro imputano all’elevato stock di debito le difficoltà dell’Italia ma non sanno spiegare come mai fino a otto mesi fa i tassi di interesse erano bassi. Il vero problema è il perdurare di una stagnazione che trova la sua conferma nel crescente passivo dell’interscambio commerciale del nostro Paese dal 2004, anno in cui il valore delle merci importate ha superato quello dei beni esportati. Per la prima volta dal dopoguerra la nostra economia non cresce ed i nostri cittadini si stanno impoverendo. Il problema è dovuto, da un lato, ad uno Stato che per anni ha utilizzato l’indebitamento come sistema per finanziare, non gli investimenti, ma le spese correnti, dall’altro all’incapacità di invertire la rotta. In particolare il Nord produttivo è da tempo in difficoltà, investito dagli effetti congiunti della globalizzazione, strangolato da una fiscalità sulle imprese doppia rispetto ai concorrenti europei, e assoggettato ad una «spoliazione» della propria economia con il trasferimento dai 50 agli 80 miliardi di euro all’anno di risorse fiscali verso lo Stato centrale.
Questa «gallina dalle uova d’oro» con la crisi non è più in grado di produrre ricchezza ai ritmi del passato e ciò fa venir meno la fiducia nella solvibilità del Paese. Monti non sta che peggiorando le cose infierendo ulteriormente su chi già paga le imposte, colpendo ceti già in difficoltà. Tutto ciò avviene mentre la quasi totalità delle forze politiche, sindacali, associative, e gli enti locali appaiono narcotizzati da una azione del governo che salvaguardia gli interessi della burocrazia, delle banche, della finanza che ben sono rappresentati in questo esecutivo di non eletti.
Non vengono toccati i costi ed i privilegi della pubblica amministrazione centrale né il differenziale dei costi degli apparati pubblici fra le varie regioni, viene varato il decreto su Roma capitale con l’esborso di centinaia di milioni di euro ad una città che è indebitata di oltre 10 miliardi di euro, si anticipa l’allungamento della età pensionabile ma non l’introduzione dei costi standard introdotti dal federalismo fiscale che consentirebbero ben altri risparmi. Sotto la spinta dell’Udc e del Fli, veri sponsor di questo governo, vengono difesi lo status quo degli sprechi al Sud e si mira a vanificare l’obiettivo della organizzazione federale dello Stato.
Ancora una volta è il Nord che deve sopportare i costi maggiori: in esso si concentrano le pensioni di anzianità mentre la maggior parte di quelle di invalidità sono al Sud. La rivalutazione degli estimi catastali e l’introduzione della nuova Ici colpirà l’intera platea dei proprietari, anche sulla prima casa, ma a differenza del Nord a Sud gli immobili non sono censiti e il mancato controllo dello Stato nelle aree di mafia e n’drangheta rende vano ogni tentativo di ridurre l’evasione fiscale e l’emersione dei patrimoni. L’evidente dualismo economico fra Nord e Sud di cui non si vuole prendere pragmaticamente atto è il problema irrisolto del Paese. Dalla fine anni Settanta la politica romana ossia quella dei palazzi, delle banche e dei finanzieri, ha utilizzato il bilancio dello Stato come fosse cosa propria. La credibilità internazionale non si ottiene colpendo i cittadini ma riformando il modo di utilizzo del denaro pubblico, e questo non conviene proprio a chi siede oggi nell’esecutivo. Nell’ultimo libro di Luca Ricolfi, La Repubblica delle Tasse si capisce molto bene quale è il nostro male. In Italia i conti pubblici non si sistemano razionalizzando ma scaricando sui cittadini i costi, spesso inutili, di un elefantiaco apparato statale.
Il governo dei tecnici si sta dimostrando non solo di basso profilo ma anche assai poco coerente con sé stesso. Sull’Imu (ex Ici), ad esempio, che da tassa comunale di fatto è diventata statale, non si capisce a quale titolo vengano esentate le Coop, le Banche Cooperative, le Onlus, i Sindacati, i partiti politici..ecc. Io sono contrario a questa tassa, ma almeno, se si deve introdurre, che venga fatta pagare a tutti e non solo chi non ha santi in Paradiso. Che dire poi dell’ideona del nostro nuovo Ministro degli Interni di abolire la tassa sul permesso di soggiorno agli stranieri? Ma i soldi a questo Stato servono o no? Credo che queste contraddizioni rivelino solo una triste verità: oggi il vero problema non è lo «spread» fuori controllo ma una politica da salotto che pensa di poter far pagare ad altri i propri errori governando con l’appoggio, non del popolo, ma dell’alta finanza e della tecnocrazia europea. Concludendo non posso che unirmi a questa iniziativa che serve, se non altro, a far capire che ancora la sovranità appartiene ai cittadini e questo credo sia bene ricordarlo proprio qui, a Genova, città dove troppo spesso si «mugugna» molto ma si agisce poco: se vogliamo cambiare il Paese iniziamo dalla nostra città.

Diamo noi il buon esempio creando sul territorio un’alternativa credibile a quei senatori o quelle senatrici che uniti da un filo rosso, a Roma appoggiano il professor Monti, e qui si propongono come aspiranti sindaci di opposti schieramenti.
*Capogruppo Lega Nord Regione Liguria

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