La politica si vince all’asta Lady eBay vuole la California

Meg Whitman non poteva resistere. Come faceva? Gli altri su Facebook, su Twitter, su YouTube. Lei su eBay: metterà all’asta la politica californiana. Il suo programma di governo a chi offre di più. Punto per punto. Lì su internet, all’indirizzo del più grande banditore globale, che poi è un po’ casa sua: Whitman corre per diventare governatore della California ed è la ex amministratore delegato di eBay. Vuole la poltrona di Arnold Schwarznegger, convinta di essere la persona giusta per ripianare la voragine che la crisi economica ha lasciato in uno Stato che una volta era ricchissimo. «Meno tasse e meno governo, più lavoro e più certezze», ripete ogni volta che mette piede su un palco. Semplice e per qualcuno semplicistico, eppure abbastanza per convincere per il momento la gente della California: nella corsa per l’elezione a governatore del prossimo novembre, oggi Whitman è in vantaggio contro qualunque candidato democratico. Repubblicana lei, repubblicana come Schwarzy. Anzi di più: la signora eBay è quasi una donna di apparato. È stata consulente e stratega economica di John McCain nella campagna presidenziale persa contro Barack Obama. Avesse vinto il senatore dell’Arizona, Meg sarebbe diventata segretario al Tesoro.
La sconfitta ha ridimensionato i piani fino a un certo punto: guidare la California è roba seria. È lo stato più popoloso d’America, a volte anche il più complicato: c’è la crescente pressione della comunità ispanica, c’è quel dannato buco nelle casse statali, c’è l’aspettativa di un popolo da sempre abituato alla bella vita. Whitman sorride anche se la situazione è difficile. La storia del programma all’asta su eBay è l’ultimo pezzettino di una campagna giocata a metà tra la strada e la tecnologia. Funzionerà così: lei dividerà la sua piattaforma per punti e ciascuno dei punti sarà battuto all’asta. I finanziamenti scolastici, la politica energetica, la ricostruzione del sistema fiscale, le soluzioni per l’occupazione: le proposte più pagate saranno le priorità. «Quando la gente ci mette il denaro, ottiene risultati», dice Whitman per spiegare il progetto al suo staff. È la versione riveduta e aggiornata di qualcosa che l’America conosce già: «Money is speech», è un detto che nella politica Usa rimbalza da decenni e riassume l’idea che i soldi diano diritto di parola. I dollari qui li mette la gente qualunque, un po’ come è accaduto nella maxicampagna di finanziamento di Barack Obama, ma fatto attraverso eBay. Che cambia? Cambia che il concetto dell’asta stuzzica la concorrenza, cambia che eBay è l’azienda che può raccontare al mondo chi è Meg Whitman. Ecco perché non poteva resistere: usare la sua ex azienda in campagna elettorale significa inevitabilmente continuare a spiegare alla gente che non sa se votarla o no che lei, a 53 anni, è una con alle spalle un successo globale. Così ogni volta che muove un passo, Meg viene seguita dallo strascico della sua vittoria professionale: nel 1998, quando lei fu chiamata alla guida dell’azienda, eBay aveva trenta dipendenti, trecentomila utenti registrati e un giro d’affari di quattro milioni di dollari; dieci anni dopo, quando ha lasciato l’incarico gli impiegati erano 15mila, gli utenti registrati trecento milioni e il giro d’affari 7,7 miliardi. Ovvio, dicono i suoi nemici: cresciuto il mondo del web, cresciuta anche la sua azienda. Allora Whitman risponde: «Tra il 2002 e il 2004 eBay è stata la società che ha registrato la maggior crescita nel mondo». Come a dire che va bene il boom di internet, ma dentro quel boom, nessuno è riuscito a fare quello che ha fatto lei. È la verità che la spinge adesso verso la conquista della California. È anche la suggestione che la porta a pensare che al suo Stato serva qualcosa che assomiglia di più a un piano di ristrutturazione aziendale che a un programma politico: il deficit dello Stato è di 19,9 miliardi di dollari, la disoccupazione è al 12,5 per cento, la città di Los Angeles rischia la bancarotta perché non paga le bollette pubbliche dell’acqua. Servono tagli, servono sforzi, servono idee: Whitman dice che in caso di vittoria al posto di un governo creerà un team, esattamente come succede nelle multinazionali. Fa molto azienda della new economy, fa molto modello di ripianamento dei debiti da concreta creatività. È l’unico punto sul quale il Los Angeles Times l’ha criticata: il giornale è solitamente vicino ai candidati democratici, ma stavolta ha un’irresistibile attrazione per Meg, nonostante sia repubblicana. Convince il suo modo di fare, convince il suo modo di lavorare. Piace lady eBay, a eccezione di qualche trovata giudicata un po’ troppo eccentrica. E ovviamente piace anche a destra: il settimanale Weekly Standard, qualche tempo fa, l’ha definita «la persona più interessante della politica americana». La paragonano al sindaco di New York, Michael Bloomberg, giocano sul nome e su quell’aneddoto che molti del suo giro amano ricordare durante le cene elettorali: il primo lavoro di lady Whitman fu nella multinazionale della consulenza Procter & Gamble. Si faceva chiamare Miss Margaret Whitman, poi un pezzo grosso dell’azienda le disse: «Margaret? Sicuro che vuoi continuare a farti chiamare così? A me sembra un po’ troppo austero. Perché non provi con Meg?». Da allora, dicono, Margaret sparì: «Per fortuna. Avreste immaginato una candidata a governatore di nome Margaret?».
Si ride, si scherza, si gioca. È la trasposizione in politica di quel modo di fare che è diventato lo stile della Silicon Valley: informale, veloce, diretto. Qualcosa che si avvicina a questo: «L’esperienza di eBay mi ha insegnato che contano gli individui non le teorie. Negli affari può funzionare meglio una persona senza soldi di un apparato ricchissimo. E così anche in politica».

Allora di nuovo la strada: un governo leggero, burocrazia azzerata, poche regole, meno spese, tagli fiscali. L’essenza della dottrina repubblicana letta però con la lente della California. Perché qui non si può fare politica come altrove: se vuoi vincere devi sembrare nuovo, diverso, creativo. Esserlo davvero viene dopo.

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