A 19 anni spiega i danni della burocrazia allo Stato

Battaglia di Ludovica per autocertificare il diploma di terza media. E Bassanini le dà ragione

A 19 anni spiega i danni della burocrazia allo Stato

Milano. Un conto sono i principi proclamati pomposamente nelle sedi ufficiali, un altro è la realtà. La realtà della burocrazia per esempio, quel «purgatorio» di adempimenti con cui ogni giorno fanno i conti i cittadini e le aziende.

«Una cosa è difendere con belle parole i diritti, la legalità e la trasparenza della pubblica amministrazione, altro è la pratica concreta in cui la burocrazia comunque fa il suo corso» spiega Ludovica che a 19 anni ha imparato la lezione, grazie anche a un professore brillante e anticonformista per davvero. L'ha imparata per via di un fatidico «pezzo di carta», un certificato che le è stato chiesto senza titolo e che lei ha provato a riavere indietro, in una vicenda che lei stessa definisce «di poco conto» ma che «sembra contenere un grande insegnamento», valido anche in campi ben più pesanti.

Ludovica Rossetti frequenta l'ultimo anno in un liceo di Milano. E la sua storia è iniziata quando l'insegnante di storia e filosofia Andrea Atzeni ha provato a dare all'educazione civica un'impostazione nuova, critica, che non riproponesse la semplice contemplazione retorica di valori «etici» e principi astratti. Il professore ha portato i ragazzi a ragionare sul fatto che anche la pubblica amministrazione a volte non è molto rispettosa dei diritti dei cittadini (degli studenti) e della legalità di cui a parole si fa paladina. E una bizzarria vigente a quanto pare in molte scuole riguarda appunto i certificati: perché possano sostenere l'esame di Stato, gli alunni devono depositare la copia originale del diploma delle scuole medie. Eppure, da quasi 25 anni esiste la Legge Bassanini, che ha reso effettiva l'autocertificazione (introdotta 30 anni prima) e da 10 anni vigono altre norme che - per scoraggiare i residui riflessi burocratici - vietano alle amministrazioni di chiedere atti in possesso di altri uffici pubblici.

Ludovica ha preso a cuore la questione. E visto che la scuola continuava a sollecitare la consegna del «diploma originale» - anche con circolari - si è messa a scrivere. Prima all'istituto: «Siccome avevo già depositato il mio - spiega - ho cercato di riaverlo indietro, ma mi è stato replicato che sarebbe necessario resti agli atti». Ha chiesto perché non potesse autocertificare di aver frequentato le Medie. Invano. «Non ho ottenuto alcuna delucidazione», dice. Ed è andata avanti. «Molti mi invitano a lasciar perdere - confessa - a considerare che tanto il diploma non mi serve, a non infastidire chi fa il suo lavoro, e così via».

Molti si sarebbero fermati. Lei no. Non soddisfatta, ha continuato la sua battaglia epistolare. Ha scritto al professore Sabino Cassese, presidente emerito della Corte costituzionale, e al professor Michele Ainis, che si è complimentato riconoscendole una precisione e una chiarezza che fa difetto forse a qualche collega accademico. Infine ha interpellato lo stesso Bassanini, che le ha dato ragione («i comportamenti che lei mi riferisce sono illegittimi») e citando il Purgatorio di Dante l'ha incoraggiata a segnalare tutti ai ministeri competenti. «Le leggi son, ma chi pon mano ad elle». Le leggi ci sono, in sostanza, ma chi le fa rispettare? Chissà che ne pensa il ministro della Funzione pubblica, Renato Brunetta.

«Il fatto è che ci si propone di insegnare grandi principi e diritti - osserva il professor Atzeni - poi in realtà si cade in faccende di questo tipo, l'educazione civica si risolve in grandi proclami, nell'apologia dell'esistente, le leggi sono tutte belle e giuste, la Costituzione è la più bella del mondo, l'illegalità è deprecabile - e ci mancherebbe - ma non si sollecita negli

studenti lo spirito critico. Io non dico di essere polemici a priori, ma neanche dare per scontato che ciò che proviene dallo Stato sia giusto a prescindere, soprattutto quando procede per inerzia inseguendo i suoi feticci».

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