Le 27 sbandate del bus prima di cadere nel vuoto. A rischio i risarcimenti

Il mezzo ha urtato molte volte il guardrail prima di precipitare. Nei video della scatola nera non c'è l'autista

Le 27 sbandate del bus prima di cadere nel vuoto. A rischio i risarcimenti
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Ventisette strusciate. Sono i punti di contatto del pullman di Mestre contro il guardrail che, impennandosi, si accartoccia quando il mezzo carico di turisti arriva quasi a fermarsi. Il cedimento strutturale della banchina, sotto il peso del bus, fa il resto. Quello che accade dopo, purtroppo, è noto: sospeso nel vuoto il pullman precipita per una quindicina di metri tranciando i cavi dell'alta tensione, ribaltandosi in aria e prendendo fuoco dopo lo schianto a terra. A tre giorni dal drammatico incidente in cui sono morti 21 passeggeri compreso l'autista, Alberto Rizzotto, i rilievi anticipano la superperizia disposta dalla Procura di Venezia sulle protezioni lungo la Vempa, lo snodo sopraelevato di Mestre.

Una serie di tragici eventi: la ringhiera di acciaio fuori norma da decenni, il basamento stradale in rifacimento assieme ai piloni, l'uscita dalla carreggiata della navetta carica di gente. Nel fascicolo aperto per omicidio stradale plurimo va spiegato perché Rizzotto, imboccata la rampa Giorgio Rizzardi diretto al campeggio Hu di Marghera, abbia decelerato per 50 metri, passando dai 36 chilometri orari ai 6 km l'ora. Le immagini delle telecamere sono chiare: Rizzotto si appoggia al guardrail «toccandolo» per 27 volte prima del buco. Dal varco di servizio (lungo due metri), invade la banchina che non regge al peso e crolla mentre il guardrail, installato nuovamente dopo l'apertura, si piega. Difficile ipotizzare una distrazione visto che Rizzotto non toccava il telefono da almeno un'ora e mezza. Ma anche su questo punto gli inquirenti sono cauti fino alla perizia sullo smartphone. Dalle telecamere della scatola nera non si vede l'autista. Nessuna frenata, nessun veicolo coinvolto, nessun incendio a bordo o fuga di gas dalle batterie al litio del mezzo elettrico. Dati confermati, oltre che dalle registrazioni della Smart Control Room della compagnia di trasporti, dai testimoni oculari, i feriti e l'autista di un pullman che, dopo aver affiancato Rizzotto, si ferma al semaforo e assiste, impotente, alla tragedia.

Tutti concordi sul fatto che il bus andava piano, troppo lentamente per poter superare la salita. «L'autobus ha rallentato gradualmente come se l'autista, colto da malore, avesse lasciato il pedale dell'acceleratore per fermarsi a un lato del ponte» spiegano gli inquirenti. Ma le protezioni non reggono le 13 tonnellate che si piegano come fossero di gomma. La banchina, poi, si sgretola sotto il peso della ruota anteriore destra. «Sono lastre in cemento armato dove si agganciano i sottoservizi, tubature e cavi elettrici» spiegano i vigili urbani durante il sopralluogo di giovedì. Sbilanciato su un fianco, il bus precipita. «Punto fermo dell'inchiesta - spiega il procuratore capo di Venezia Bruno Cherchi - è che l'autobus ha scarrocciato per una cinquantina di metri toccando il guardrail per 27 volte. Arrivato all'apertura di servizio, la via di fuga, perde l'appoggio laterale, vira a destra e finisce con la ruota anteriore destra sulla banchina che percorre per 5 metri fino a quando crolla». «Si è sbriciolata» commentano i tecnici intervenuti per i rilievi. Sull'asfalto uno specchietto retrovisore e parte di un indicatore di direzione, divelto nello schianto. A rischio, infine, il risarcimento delle vittime: secondo l'articolo 141 del codice delle assicurazioni, il danno subito dal trasportato è risarcito salvo casi fortuiti.

Come, appunto, un malore. Da domani i primi rimpatri delle 20 salme verso i paesi d'origine, Ucraina, Croazia, Germania, Romania, Portogallo e Sud Africa, i cui costi saranno coperti per la maggior parte dal comune di Venezia.

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