
Generale Vincenzo Caci, comandante della centrale operativa del comando generale della Guardia di Finanza, quanti migranti avete intercettato quest'anno nelle vostre attività di polizia in mare?
"Dal 1° gennaio al 31 maggio abbiamo condotto 108 interventi, nell'ambito dei quali sono stati intercettati 5.277 migranti, sequestrate 138 imbarcazioni e arrestate 29 persone, tra scafisti e facilitatori, per favoreggiamento dell'immigrazione irregolare. Abbiamo anche partecipato a 85 eventi di ricerca e soccorso in mare e al salvataggio di 5.342 migranti".
Quali sono a oggi le rotte del traffico di esseri umani? Resta la Libia il principale hub di partenza?
"Le rotte sono un reticolo complesso e in continua mutazione, i trafficanti sono abili nell'adattarsi ai cambiamenti delle politiche migratorie e dei controlli, per eludere la sorveglianza. Il Paese nord africano resta il fulcro delle partenze del Mediterraneo centrale: il flusso complessivo proveniente dalla Libia è ancora il 90% del totale, gestito dalle milizie e dai gruppi criminali. Ma esistono altre vie cruciali".
Quali?
"La rotta dall'Algeria alla Sardegna, ma anche quella dalla Turchia verso la Calabria è particolarmente attenzionata dai trafficanti, sebbene nell'ultimo periodo, i flussi abbiano subito un notevole decremento. A differenza delle partenze dal Nord Africa, dove vengono impiegati gommoni o piccole barche di fortuna, sulla rotta Turchia-Calabria vengono utilizzate barche a vela di medie e grandi dimensioni, in genere battenti bandiere extraeuropee, spesso condotte da skipper russofoni. Ma le condizioni a bordo sono precarie, con scarse riserve di cibo e acqua, i passeggeri stipati in spazi angusti. La destinazione finale sono le provincie di Reggio Calabria e Crotone che offrono numerosi punti di sbarco clandestino".
È oggi meno battuta quella dalla Tunisia verso Lampedusa?
"È sempre attiva e in evoluzione anche se, nell'ultimo periodo, le partenze hanno registrato un netto calo. Anche grazie alle attività di assistenza dell'Italia nei confronti della Tunisia, che stanno migliorando le loro capacità di pattugliamento, e al supporto tecnico-logistico che il nostro Paese offre alla flotta navale della Garde Nationale Maritime tunisina".
Quali sono le difficoltà nelle vostre attività di polizia in mare?
"Le ridotte dimensioni delle imbarcazioni utilizzate per le traversate, la linea di galleggiabilità solitamente bassa per le persone a bordo, i materiali in legno, sono elementi che ne rendono difficile l'individuazione tramite apparati radar. Ma contiamo su 390 unità navali, con sistemi video e infrarossi per il riconoscimento dei bersagli anche a notevoli distanze, e sono stati acquisiti droni aerei per ampliare la capacità di pattugliamento lungo le rotte più battute dai trafficanti".
Sui barconi intercettati riuscite sempre a individuare gli scafisti?
"L'individuazione degli scafisti presenta diverse difficoltà, quali la mimetizzazione tra i migranti, perché spesso si confondono con le altre persone a bordo e possono presentarsi come vittime.
E poi la paura e l'omertà, visto che i migranti anche se sono a conoscenza dello scafista, raramente lo denunciano per timore di ritorsioni. Va detto che poi non sono sempre presenti a bordo, spesso sono gli stessi migranti a condurre la navigazione secondo le indicazioni fornite dai trafficanti".