Addio a Mahler, il cattivo maestro prima rosso poi nero

Fondò i terroristi marxisti della Raf e si convertì al neonazismo antisemita e xenofobo

Addio a Mahler, il cattivo maestro prima rosso poi nero
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Il rosso e il nero definiscono la vita di Horst Mahler, il terrorista comunista tedesco divenuto neonazista. Un'esistenza coerente nella contraddizione, che si è conclusa il 27 luglio a Berlino, dove Mahler, malato da tempo, è morto a 89 anni ripudiato dai compagni e compianto dai camerati. Cofondatore nel 1970 dell'organizzazione terroristica marxista-leninista Raf con Andreas Baader, Ulrike Meinhof e Gudrun Essling, Mahler era poi passato all'estrema destra divenendo uno dei cattivi maestri del neonazismo. Esponente del revisionismo storico e strenuo negazionista della Shoah, nel cambio di campo l'ex terrorista rosso aveva portato con sé dal suo passato marxista l'odio per gli Stati Uniti.

Un'avversione viscerale, tale da culminare nella giustificazione degli attentati di Al Qaeda dell'11 settembre 2001. "Finalmente", dichiarò Mahler all'emittente radiotelevisiva Ard, gli Usa erano stati "colpiti al cuore" in "un'azione che, per quanto crudele, era giusta". La comprensione per il jihadismo era una tappa in un percorso a ferro di cavallo che dalla lotta armata in nome del marxismo-leninismo era sfociato all'estremo opposto nel neonazismo. Una biografia che riassume i drammi della Germania contemporanea, dove il tempo si ostina a cadere goccia a goccia.

Figlio de secolo breve, Mahler ne ha incarnato gli orrori dei totalitarismi. Iscritto alla Spd e avvocato difensore di tanti esponenti del movimento studentesco tedesco negli anni 60, tra cui Rudi Dutschke, Mahler si radicalizza e, convinto della necessità della lotta armata per abbattere lo Stato borghese, partecipa alla fondazione della Raf. Condannato a 14 anni di carcere nel 1970, il terrorista rosso torna in libertà nel 1980 con l'aiuto del suo avvocato, il socialdemocratico Gerhard Schröder. Durante la detenzione, Mahler abiura all'estremismo rosso, transita in quello nero, e nel 2000 entra nel partito neonazista NPD. La militanza durerà appena tre anni: l'ex terrorista della Raf abbandonerà i camerati giudicandoli condannati al fallimento come il parlamentarismo in cui si riconoscono. In un'ulteriore metamorfosi, Mahler diviene megafono dell'estrema destra extraparlamentare con una serie di proclami antisemiti e xenofobi che gli costano varie condanne al carcere dove entra gridando "Heil!".

Per sfuggire a quella che ritiene una persecuzione, nel 2015, l'ex terrorista rosso chiede asilo a Viktor Orbán, che saluta come "Führer della nazione ungherese". La domanda è respinta e, fino alla morte, Mahler rimane prigioniero, seppur in libertà, di una Germania che non riconosce, rinchiuso nella gabbia dei fantasmi di un figlio del secolo scorso.

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