È il "piccolo diavolo" che scopre San Pietro e fa scomparire la politica. Roberto Benigni, nel suo monologo su Simone, il pescatore di Cafarnao, "il migliore amico di Gesù", vola più alto possibile e lascia l'attualità dietro le quinte dei Giardini Vaticani, dove è stato registrato lo show-evento di "Robertaccio", andato in onda ieri sera su Rai 1 in prima mondiale. Dall'immarcescibile Dante alla Costituzione, fino all'ultima performance sul "sogno" di Ventotene, Benigni non ha mai mancato di consegnare ai taccuini dei cronisti almeno un titolo sulla politica. Anche negli ultimi anni, quelli più lontani dall'antiberlusconismo pugnace, non sono mancate le punture di spillo. Le battute su Giorgia Meloni ed Elon Musk allo scorso Sanremo. Nella stessa occasione, la solidarietà a Sergio Mattarella bersaglio degli attacchi della Russia di Vladimir Putin. La "risposta" alla premier - pur senza nominarla - sul Manifesto di Ventotene durante il monologo europeista di marzo.
Stavolta è diverso. Si parte con l'intro dello spettacolo, tutto inquadrature cinematografiche con protagonista un solitario Benigni, che si fa piccolo percorrendo la navata della Basilica di San Pietro. Tra pop e accenti più lirici, il monologo si dipana raccontando la storia di Pietro. La scenografia è un piccolo anfiteatro spoglio nel cuore dei Giardini Vaticani, "dove solo i Papi possono venire a passeggiare. Probabilmente qui mezz'ora fa c'era Papa Leone XIV a raccogliere i fiori, viene qui tutti i giorni ad annaffiare", dice. Pietro e Gesù. Due "migliori amici", racconta Benigni. Che scherza: "Pietro è il migliore amico di Gesù. Vi ricordate a scuola quando ci davano il tema da comporre il tuo migliore amico Se Gesù fosse andato alle medie, avrebbe scritto Il mio migliore amico è Pietro".
Dal "basso" all'alto delle sacre scritture: "Leggendo il Vangelo si arriva a pensare che la vita abbia un senso". E l'amore. Quello per "il tuo nemico", che è la frase più "rivoluzionaria" di Gesù. Una storia inscindibile da quella di Pietro. E Benigni racconta le "gaffe" messe in fila l'una dietro l'altra dal primo degli apostoli, che "non capisce il senso della lavanda dei piedi, si addormenta quando Gesù gli ha chiesto di pregare, usa la spada contro il servo quando quegli ha detto loro ama il tuo nemico e infine rinnega tre volte quell'amico che ha dichiarato di amare sopra ogni cosa". Sulla lavanda dei piedi un'incursione fulminea nell'attualità, quando Benigni sottolinea, alzando i decibel della voce e rivolgendosi al ristretto pubblico che assiste al monologo: "Pensate a Trump in diretta dallo Studio Ovale che si inginocchia e lava i piedi ai suoi collaboratori". Fa lo stesso paragone anche con Emmanuel Macron e il "cancelliere Merz", mentre tiene fuori dalla prolusione i protagonisti del potere nostrano.
Una figura sacra ma terrena, il San Pietro di Benigni, che "si arrabbia, agisce di impulso, sbaglia, non capisce, piange, ride" e conosce Gesù quando i due "sono coetanei, neanche trentenni. E non si capisce perché Pietro venga sempre rappresentato come un uomo anziano".La serata è tutta per la "rivoluzione" dell'amore di Gesù. La politica è lontana.