Coronavirus

Ecco perché i catastrofisti ci devono chiedere scusa

Che fine hanno fatto gli ultrà delle chiusure? Solo Galli ha ammesso le proprie colpe. Alcuni ora si nascondono. Altri continuano a lanciare allarmi catastrofici in tv

Ecco perché i catastrofisti ci devono chiedere scusa

Nemmeno davanti all'evidenza i catastrofisti, i gufi del Covid-19, faticano a rendersi conto che la loro narrazione pessimista fa acqua da tutte le parti. Lo ha sempre fatto, per carità, ma in queste ultime settimane è ancora più evidente che non regge. Eppure, nonostante il grande "capo" dei virologi che vedono nero, Massimo Galli, il direttore delle Malattie infettive dell'ospedale Sacco di Milano, abbia fatto mea culpa in una recente intervista al Corriere della Sera, la maggior parte di loro non sono disposti ad ammettere che hanno preso una cantonata, che è arrivata l'ora di ritirarsi in silenzio e lasciar fare al governo, che finalmente gli italiani possono tirare un sospiro di sollievo e guardare al futuro con ottimismo.

Quando ad aprile si iniziò a studiare la road map per riaprire il Paese, tutti quanti saltarono alla gola del premier Mario Draghi. Rileggerle oggi quelle dichiarazioni fa capire quanto fossero fuori strada quegli scienziati che si opponevano con voracità a un graduale ritorno alla normalità. Dicevano: "Siamo preoccupati che la situazione sfugga di mano" (Filippo Anelli, presidente della Federazione degli Ordini dei Medici). E che dire di Andrea Crisanti, direttore del Dipartimento di medicina molecolare dell’Università di Padova, che parlava di "prezzo da pagare". "Da settimane viaggiamo tra i 15 e i 20mila casi al giorno - spiegava il 18 aprile alla Stampa - un plateau altissimo, che non consente di progettare riaperture". Fosse per loro saremmo ancora tutti quanti in lockdown. Fosse per loro i ristoranti e i negozi sarebbero ancora stutti sprangati. Fosse per loro nessuno dovrebbe prenotare le vacanze estive. E invece? Invece, la campagna vaccinale proceda spedita: negli ultimi giorni sono stati toccati picchi di 570mila dosi inoculate in sole 24 ore. E pensare che c'era chi gufava pure su questo paventando che "tra forniture, disorganizzazione e diffidenza verso AstraZeneca" non si sarebbe mai superata quota 370mila. Grazie al gran lavoro del generale Francesco Paolo Figliuolo, la cui divisa fa spavento soltanto a Michela Murgia, i bollettini del ministero della Salute segnano ogni giorno nuovi record che fanno ben sperare: decessi e contagi in calo e guariti in costante crescita.

Tra i più agguerriti pasdaran delle chiusure c'era proprio Galli che accusava Palazzo Chigi di aver "calcolato male" i rischi. "Abbiamo messo il cavallo davanti ai buoi", diceva ancora qualche settimana fa. Poi, però, i numeri hanno dato ragione a Draghi e il virologo dell'ospedale Sacco aveva deciso chiudersi nel silenzio stampa. "Dirò la mia dopo il 25 maggio", aveva annunciato a metà mese. "Uno dei motivi per cui non voglio più venire a parlare è che non voglio più parlare di quella parola (coprifuoco, ndr) - aveva spiegato ai microfoni di La7 - se si è convinti che il segnale corretto sia quello di un ulteriori 'liberi tutti', diamolo pure. Non ho voglia di fare il custode della purezza...". Ora che è evidente che il "liberi tutti" non ha fatto andare in malora la campagna vaccinale, non gli sono rimaste che le scuse. Anche se, anziché ammettere i successi del governo, preferisce parlare di fortuna. "Il mio è un compiaciuto stupore, perché in Italia i numeri dell'epidemia sono in netto miglioramento, al di là delle più rosee aspettative", ha poi ammesso ieri al Corriere della Sera. "Con le riaperture c'era un 10% di probabilità che le cose seguissero questa via, ma alla fine è andata bene e ne sono davvero felice".

Anche se tardive, il mea culpa di Galli va apprezzato. Vedremo quanto andrà avanti con questo (giusto) ottimismo. Gli altri gufi, per il momento, non si sono ancora ravveduti. Alcuni (è il caso di Walter Ricciardi) hanno battuto in ritirata preferendo non commentare affatto l'attuale situazione epidemilogica. Altri continuano a (s)parlare. Nei giorni scorsi Pregliasco paventava "un colpo di coda virus dovuto a tutte queste riaperture". Oggi, in una intervista alla Stampa, Crisanti ha ribadito che aprendo "abbiamo corso un rischio inutile". "La pandemia non è finita e dobbiamo saperlo tutti", ha detto spiegando che "ci sono ancora incognite da non sottovalutare, come la durata dell'immunità e le varianti". Prima o poi ci aspettiamo che anche questi illustri studiosi ammettano di aver sbagliato, che tutto questo allarmismo non ha fatto bene all'Italia e agli italiani, che certi toni andavano smussati prima. È anche colpa loro se a lungo si è creduto che bastava toccare un oggetto contaminato per contagiarsi o che bastava mettere il naso fuori di casa per prenderi il Covid. Verità che sono state poi smontate da attenti studi scientifici. Gli ultrà delle chiusure (non solo i virologi, ma anche i politici e i giornalisti) abbiano ora l'onestà intellettuale di chiedere scusa a tutti.

Affinché in futuro non si ripetano certi errori.

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