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Afromericano ucciso dalla polizia. Video messo in rete, scoppia la protesta

L'uomo bloccato a terra dopo un controllo stradale e un tentativo di fuga. L'agente ha sparato. Cortei e rischio di scontri

Afromericano ucciso dalla polizia. Video messo in rete, scoppia la protesta

New York. La questione razziale e le polemiche contro la violenza della polizia tornano a travolgere l'America, che teme di trovarsi ancora alle prese con una stagione di proteste e rivolte come in seguito all'uccisione di George Floyd nel 2020. A riaccendere il dibattito sono nuovi video shock in cui un agente spara e uccide un giovane afroamericano mentre si trovava a terra. Le immagini dell'incidente - avvenuto il 4 aprile a Grand Rapids, in Michigan - riprese da diverse telecamere, inquadrano il 26enne Patrick Loyola a terra e un poliziotto bianco che gli preme una gamba sulla schiena.

Uno dei filmati è quello della body-cam del poliziotto, che mostra il momento in cui il giovane viene fermato per un controllo stradale ed esce dalla sua auto, nonostante la polizia gli avesse gridato di restare dentro. L'agente si avvicina, tra i due inizia una discussione, il giovane scappa, il poliziotto lo insegue. Gli altri tre filmati, i più cruenti, sono stati ripresi da un passeggero nell'auto di Patrick e dalle telecamere di sicurezza del quartiere residenziale dove è avvenuta la tragedia. All'inizio si vedono i due lottare per il taser del poliziotto. «Lascialo», grida l'agente, «ti dico di lasciarlo», insiste. Il 26enne non lo molla, ha il fiato corto e sembra agitato. A quel punto le immagini si fanno confuse fino a quando non si vede il giovane faccia a terra, le mani bloccate. Il poliziotto è sopra di lui e gli preme la schiena, poi estrae la pistola dalla fondina e gli spara un colpo secco alla testa. Il rumore dello sparo è l'ultima cosa che si sente.

Dopo che le forze dell'ordine hanno diffuso il filmato decine di persone si sono radunate nel centro di Grand Rapids per protestare, spostandosi poi davanti al quartier generale della polizia. Molti, con in mano cartelli con scritto «Black Lives Matter» e «No justice, no peace», scandivano il motto del movimento per i diritti dei neri di cui Floyd - soffocato a morte da un agente a Minneapolis - è diventato il simbolo. Per ora, quando i manifestanti hanno visto gli agenti in tenuta anti-sommossa fuori dal quartier generale hanno espresso la loro rabbia in modo pacifico. Intanto la famiglia di Loyola ha definito la sua morte una «esecuzione», mentre il capo della polizia di Grand Rapids, Eric Winstrom, ha detto: «Durante lo scontro l'agente ha sparato. Sarà trattato come chiunque altro. Se sarà incriminato riveleremo il nome». «È una tragedia, un susseguirsi di sofferenza e dolore per me, ha aggiunto. Nei giorni scorsi Winstorm ha incontrato la famiglia del 26enne, che si è trasferita negli Stati Uniti dal Congo nel 2014. Di fronte alle immagini scioccanti che gli sono state mostrate prima di renderle pubbliche, il padre del ragazzo è rimasto sconvolto ed è «quasi svenuto» di fronte a suo figlio «sdraiato a terra con un agente sopra di lui che ha tirato fuori la pistola e gli ha sparato alla testa», come ha raccontato il pastore Israel Siku, che ha accompagnato l'uomo alla polizia.

«Ancora una volta - ha detto da parte sua l'avvocato per i diritti civili Benjamin Crump, che si è occupato del caso di Floyd - ci viene ricordato quanto velocemente l'interazione con la polizia può rivelarsi fatale per un afroamericano negli Stati Uniti».

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