"Gli aiuti non arrivano e sono troppo pochi". Bibi: Gaza sarà nostra

L'Ue: "Scorte esaurite". Un report: distribuzione ferma. Ma il premier: "Tregua alle nostre condizioni"

"Gli aiuti non arrivano e sono troppo pochi". Bibi: Gaza sarà nostra
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«Ridicolmente inadeguati», li definisce Medici Senza Frontiere. «Minimi» e «insufficienti», commenta «Azione contro la Fame». Gli aiuti umanitari che Israele ha autorizzato a entrare nella Striscia di Gaza, dopo due mesi e mezzo di blocco, sono troppo pochi per far fronte alla drammatica crisi dei gazawi. Lo ripetono le organizzazioni umanitarie, le cancellerie internazionali, anche quelle «amiche» di Israele come la nostra, e lo ribadisce il Vaticano, un coro quasi unanime che chiede anche di affrettarsi a mettere fine al conflitto.

Secondo il Cogat, l'organismo israeliano che fa capo al ministero della Difesa e si occupa del sostegno umanitario, 5 camion sono entrati a Gaza lunedì e 93 dell'Onu martedì. Un numero ben al di sotto dei 500-600 del periodo pre-bellico. Non solo. Una nota circolata fra le organizzazioni umanitarie e visionata da Associated Press riferisce che 65 di questi sono entrati a Gaza dal valico di Kerem Shalom, ma non si sono ancora mossi da lì. Le Nazioni Unite hanno confermato di non essere riuscite a raggiungere i punti di distribuzione martedì perché l'esercito israeliano (Idf) ha chiesto il trasbordo dei pacchi dai camion ad altri camion, facendo esaurire il tempo necessario per la ripartizione ai civili. Nessun sacco di farina ha ancora raggiunto i civili palestinesi.

Anche la Farnesina esorta dunque Israele ad «aprire immediatamente i varchi» e a «interrompere le operazioni militari, puntare sul negoziato per la liberazione degli ostaggi israeliani e per raggiungere un cessate il fuoco che possa far ripartire un processo di pace». L'Unione europea, dopo aver aperto alla revisione dell'accordo di associazione con Israele in vigore da 25 anni, ricorda che secondo le Nazioni Unite «le scorte alimentari adesso sono esaurite» nella Striscia e ribadisce che la situazione è «catastrofica».

Eppure, mentre il dramma dei palestinesi impietosisce il mondo, attivisti israeliani hanno tentato di impedire l'ingresso dei camion. Si oppongono alla fornitura di aiuti a Gaza finché i 58 ostaggi in mano a Hamas non saranno liberati. Due di loro sono stati arrestati dalla polizia.

Alla fine di una nuova giornata di pressioni e tensioni internazionali, seguita agli spari dell'esercito su una delegazione di diplomatici tra cui il viceconsole italiano, Benjamin Netanyahu prende la parola per la prima volta dopo cinque mesi di fronte alla stampa e spiega di non volere una crisi umanitaria nella Striscia: «Dobbiamo fare in modo che il cibo arrivi a Gaza». Il primo ministro israeliano si dice pronto a una tregua temporanea «se ce ne sarà la possibilità», anche per la liberazione dei rapiti, di cui solamente 20 sarebbero ancora vivi. Poi però rilancia i piani per «finire il lavoro»: «Tutta la Striscia sarà sotto il controllo di Israele e Hamas distrutta». E rilancia le condizioni finora mai accettate dagli islamisti: ritorno di tutti gli ostaggi, disarmo e smilitarizzazione, esilio dei capi, fino all'attuazione del piano Trump.

La guerra, insomma, in attesa di accordi di cui per ora non si vede prospettiva, prosegue con l'offensiva «Carri di Gedeone». I negoziati in Qatar sono a un punto morto e gli ultimi raid hanno fatto almeno 105 morti, tra cui un neonato di una settimana.

Colpiti anche gli ultimi due ospedali ancora funzionanti nel nord dell'enclave, quello indonesiano e Al-Awda, dove i droni hanno centrato i serbatoi d'acqua. Israele avverte: Hamas è pronta ad attaccare le comunità israeliane di confine vicino a Gaza. Ieri un razzo è partito dal nord della Striscia: intercettato. Le sirene di allarme hanno suonato di nuovo in Israele.

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