Allah Akbar! Una frase innocua, perfino bella: Dio è grande, per chi ci crede; e a ognuno il suo, ci mancherebbe. Padre nostro che sei nei cieli, anche quelli che non incombono sulle nostre teste. Eppure «Allah Akbar» sta vivendo una strana metamorfosi, trasformandosi sempre di più in un grido di battaglia. Di più, in uno slogan di protesta, di un passepartout della rivolta, dell'offesa, della minaccia.Sentite questa. Ieri a Desenzano del Garda c'era un picchetto di protesta davanti a un supermercato. Una normale manifestazione sindacale, una storia come tante in questi tempi grami di chiusure, di licenziamenti, di cooperative che si lagnano. C'erano dei poliziotti immaginiamo annoiati, gente che fa il proprio lavoro e che magari, sotto il casco e dietro il manganello, solidarizza pure con chi sta lottando per portare il pane a casa. A un certo punto, cambio di plot. Un dipendente pakistano si para davanti alla polizia e urla in faccia agli agenti la fatidica frase di disprezzo contro quell'Occidente a cui molti islamici devono la sopravvivenza però odiandolo nell'intimo: «Allah Akbar!». Pian piano l'assolo diventa coro e una ventina di connazionali si uniscono al grido. I poliziotti cercano di farli smettere, alcuni musulmani reagiscono, subito spalleggiati dai gruppi antagonisti, i quali sono evidentemente disponibili a transigere sulla mole di Allah (ma su quella di Dio siamo sicuri di no, all'occorrenza).
La storiella finisce con un pugno di musulmani in questura per l'identificazione e un sapore strano in bocca. Perché Allah è grande ma forse non abbastanza da contenere gli abomini e le sciocchezze che si compiono in suo nome.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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