
La Cassazione smentisce se stessa e continua a tirare per la giacchetta la Corte di Giustizia europea sugli hotspot previsti dal Protocollo Italia-Albania, agitando una possibile discrasia tra il decreto e la normativa Ue, in attesa della sentenza della stessa Corte - attesa ormai dopo l'estate nonostante sia stata usata la procedura accelerata - che potrebbe dare ragione all'Italia su "Paesi sicuri" e rimpatri, come avrebbe anticipato uno dei giudici secondo il Manifesto.
Con l'ordinanza 23.105 del 29 maggio, depositata il 20 giugno scorso, la Suprema Corte ha chiamato in causa i giudici in Lussemburgo per chiedere se il trattenimento degli stranieri espulsi a Gjader non si ponga in contrasto con il diritto europeo sui rimpatri e sul diritto d'asilo, sostenendo che il Protocollo e il decreto Albania che ha potenziato il Cpr già presente a Gjader, approvato di recente, potrebbero non essere conforme con la Direttiva 2013/33/Ue. Ma è stata proprio la Cassazione, con la sentenza 17.510/2025 - pochi giorni prima dell'ok al decreto Albania - a sostenere che se un cittadino detenuto nel centro di Gjader perché colpito da un decreto di espulsione ex articolo 14 D.Lgs. 286/98 presenta domanda di protezione, non deve essere riportato in Italia in attesa della sua valutazione, se ci sono elementi per ritenere che la domanda sia stata fatta strumentalmente (come troppo spesso avviene) per ritardare l'espulsione. Tutto ruota su un tunisino che il 22 marzo scorso è stato espulso dal prefetto di Ancona, con accompagnamento alla frontiera e trattenimento nel Cpr di Bari. Arriva l'ok del giudice di pace e il ministero dell'Interno l'11 aprile lo trasferisce a Gjader, dove l'irregolare presenta domanda di asilo. Il Questore di Roma confermava il trattenimento ma ne cambiava lo status (ai sensi dell'articolo 6 comma 3 del decreto legislativo 142/2015) "in pendenza dell'esame": domanda esaminata e bocciata in 24 ore dalla commissione territoriale. La Corte d'Appello di Roma ne ordinava il ritorno in Italia in base all'articolo 9 della Direttiva 2013/32/Ue. Ma visto che il Cpr di Gjader è territorio italiano e i centri situati nel Paese terzo possono servire anche per "l'attesa" sull'eventuale asilo, la Cassazione l'ha lasciato lì ma poi ha cambiato idea.
Il 20 maggio con l'approvazione del decreto Albania il Cpr di Gjader - mai messo in discussione prima dalla giurisprudenza ordinaria o di Cassazione - veniva equiparato a quelli italiani. Il cavillo è nella definizione di "rimpatrio" ex articolo 3 della direttiva 115/Ce/2008 e dell'articolo 15 della direttiva Rimpatri che definisce il trattenimento "extrema ratio". Ma lo stesso Protocollo, sin dalla sua approvazione, prevede le espulsioni da Gjader "previa comunicazione delle autorità italiane a quelle albanesi", come ha recentemente ribadito il Viminale, secondo cui non ci si può appellare al principio del "non respingimento" per stranieri espulsi dall'Albania dopo essere già stati qui.
Lo scorso 9 maggio, un charter noleggiato a 139mila euro, partito da Roma e diretto al Cairo, ha fatto scalo nella capitale albanese per far salire a bordo alcuni cittadini egiziani che erano rinchiusi nella struttura di Gjader. "I rimpatri direttamente dall'Albania sono illegali" secondo gli eurodeputati Pd Alessandro Zan e Cecilia Strada, che l'altro giorno hanno depositato un'interrogazione alla Commissione Ue, firmata da tutti i partiti di opposizione all'Europarlamento, proprio mentre in Albania sono arrivate altre 15 persone.
"Abbiamo portato in tutto circa 110 irregolari", dice il ministro dell'Interno Matteo Piantedosi, che assicura: "Eseguita un'espulsione su due". Come più volte sostenuto dal Giornale, l'orientamento della Corte - in linea con la mutata giurisprudenza Ue in materia di rimpatri ed espulsioni, come da Piano migrazione e asilo 2026 - è quella di dare ragione all'Italia su "Paesi sicuri", respingimento automatico dei migranti e procedura accelerata.
La conferma sarebbe arrivata durante un convegno a Roma, quando uno dei giudici europei, il ceco Jan Passer, l'avrebbe candidamente dichiarato: l'Italia ha ragione, l'ho saputo a Bruxelles. Ma il verdetto arriverà solo a ottobre.