Altri sei giornalisti uccisi Israele: "Solo terroristi"

Reporter di Al Jazeera colpiti in una tenda, tra essi Anas al Sharif. La rete: "Tentano di metterci a tacere in vista dell'occupazione"

Altri sei giornalisti uccisi Israele: "Solo terroristi"
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Aveva guidato una cellula militante di Hamas coinvolta in attacchi missilistici contro Israele. No, replica Al Jazeera, Anas al Sharif era solo un giornalista. Botta e risposta tra le forze armate israeliane Idf e la rete televisiva di notizie in lingua araba finanziata dal Qatar dopo che un attacco israeliano ha ucciso una delle più note firme di Al-Jazeera assieme a cinque colleghi, suscitando la condanna di vari gruppi per i diritti umani.

Le forze armate israeliane hanno annunciato l'uccisione definendo Anas al-Sharif "un terrorista che ha mascherato la sua identità agendo sotto mentite spoglie, ma è stato invece a capo di una cellula di Hamas e ha promosso piani di lancio di razzi contro cittadini dello Stato di Israele e delle forze israeliane". Il Mossad avrebbe confermato la sua affiliazione militare con l'organizzazione terroristica di Hamas.

Benny Gantz in un post su X in lingua inglese ha poi spiegato che "non era un vero giornalista, i veri giornalisti rispettano rigorosi standard etici e professionali e meritano protezione", aggiungendo che "i terroristi di Hamas e i loro complici, compresi giornalisti che il 7 ottobre hanno invaso Israele filmando il massacro, devono essere individuati ed eliminati".

La tv però lo difende, defindolo "uno dei giornalisti più coraggiosi di Gaza", aggiungendo che l'attacco è stato un "tentativo disperato di mettere a tacere le voci in previsione dell'occupazione di Gaza". Oltre al 28enne nell'attacco è stato ucciso anche un sesto reporter, il freelance Mohammad Al-Khaldi. Tra gli altri morti c'è anche Mohammed Al-Khaldi, un giornalista freelance che occasionalmente collaborava con i media locali.

Molteplici le reazioni del mondo politico e associativo. Secondo l'Onu c'è stata una "grave violazione del diritto internazionale umanitario". L'Alto Commissario delle Nazioni Unite per i Diritti Umani, Volker Turk, ha scritto su X che "Israele deve rispettare e proteggere tutti i civili, compresi i giornalisti, chiediamo un accesso immediato, sicuro e senza ostacoli a Gaza per tutti i giornalisti". L'Associazione della Stampa Estera, che rappresenta i giornalisti internazionali di stanza in Israele e nei Territori Palestinesi, si è detta "indignata" per l'uccisione di colleghi che stavano svolgendo "il loro dovere di giornalisti e riportando gli eventi a mano a mano che si verificavano". Anche la Stampa Romana critica l'episodio, osservando che "la mattanza di giornalisti palestinesi continua, obiettivi perché continuavano a raccontare l'orrore senza fine di Gaza, le morti per fame o negli agguati alla distribuzione degli aiuti dopo quei nei bombardamenti, si aggiorna la lunga lista di colleghi caduti nella Striscia". E chiede una "vasta mobilitazione per difendere le ragioni di un'informazione libera e indipendente, il diritto e dovere di essere testimoni sul campo dei fatti".

Il primo ministro inglese Keir Starmer si dice "gravemente preoccupato" per gli attacchi, certo che i giornalisti che si occupano di conflitti "godono della protezione del diritto internazionale umanitario e devono poter svolgere il loro lavoro in modo indipendente, senza timore, e Israele deve garantire che i giornalisti possano svolgere il loro lavoro in sicurezza". Downing Street inoltre ha chiesto un'indagine indipendente sull'uccisione di Anas Al-Sharif. Stessa richiesta da parte della Fnsi: "A questo punto Israele ha il dovere di fornire le prove contro Anas Al-Sharif.

L'auspicio della Fnsi è che tutte le organizzazioni internazionali dei giornalisti, quelle in difesa dei diritti umani e le istituzioni democratiche si uniscano nel pretendere che Israele le renda pubbliche e nel chiedere alla Corte penale internazionale di aprire un'indagine su questa uccisione mirata". Secondo il Comitato per la Protezione dei Giornalisti (CPJ) "i giornalisti sono civili e prenderli di mira in tempo di guerra è un crimine di guerra".

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