Altri spari contro Bacci Il socio dei Renzi trema

L'imprenditore in procura: non ho nulla da temere Il filo rosso con papà Tiziano dagli outlet a Etruria

D ue «avvertimenti» nel giro di 48 ore. E non a un semplice imprenditore, ma a quell'Andrea Bacci che da un lato è da sempre uomo piuttosto vicino all'ex premier Matteo Renzi e dall'altro è indagato per reati fallimentari in un'inchiesta che più volte incrocia l'universo familiare del segretario Pd. Tra lunedì e ieri notte, ben cinque colpi di pistola sono stati sparati contro l'auto e la facciata dell'azienda dell'imprenditore a Scandicci, alle porte di Firenze. Secondo quanto riferito dai carabinieri, il secondo raid è avvenuto tra l'1,30 e le 4 della notte scorsa, quando qualcuno ha esploso due colpi di arma da fuoco contro la vetrata della ditta di pelletteria Ab Florence, di cui Andrea Bacci è responsabile. Altri tre colpi sono stati indirizzati verso l'insegna dell'azienda. Sul posto, in via delle Nazioni Unite, è intervenuta la scientifica per i rilievi: sono al vaglio le immagini delle telecamere in zona, e si scava alla ricerca di eventuali episodi o segnali sottovalutati. A sollevare interrogativi non c'è solo il fresco precedente appena il giorno prima, alle 11, ignoti avevano preso di mira con due colpi di pistola la Mercedes dell'imprenditore, che in quel momento non era in zona né il fatto che Bacci sia patròn della Lucchese, ma la circostanza che l'imprenditore sia indagato, insieme con altre sei persone, in un'inchiesta condotta dalla Guardia di Finanza sul ricorso abusivo al credito. È stato lo stesso imprenditore a chiedere ieri di essere ascoltato dai pm Luca Turco e Christine von Borries, a proposito delle intimidazioni subite. «Non riesco a pensare a niente ha spiegato Bacci ai pm e ai carabinieri riguardo a eventuali minacce perché sono una persona perbene e non ho niente da temere». Sulla vicenda la procura diretta da Giuseppe Creazzo ha aperto un fascicolo per minacce e porto abusivo di pistola in luogo pubblico. Il duplice raid ha tutta l'aria di essere un messaggio di stampo malavitoso, ma su tutta la vicenda pesa la posizione di Andrea Bacci nell'inchiesta (l'uomo è finito nel fascicolo come amministratore della Coam di Rignano, società di costruzioni in procedura fallimentare ed è stato perquisito dalle Fiamme Gialle) e i suoi legami con Matteo Renzi, di cui è stato uno dei primi finanziatori. Quando era presidente della Provincia di Firenze, l'ex premier lo nominò nel cda di Mukki, la centrale del latte fiorentina, e nella società di comunicazione Florence Multimedia. Poi, da sindaco, lo fece presidente della Silfi, la società dell'illuminazione pubblica cittadina. L'imprenditore è inoltre partner del gruppo Nikila Invest, che sta ristrutturando il vecchio Teatro Comunale, e sua volta la Nikila aveva una partecipazione del 40% nella Party, società che faceva capo a Tiziano Renzi, il padre di Matteo. Bacci risulta fra i costruttori di outlet in varie città d'Italia, operazione nella quale è stato coinvolto lo stesso Tiziano Renzi e in cui risultano legami con l'ultimo presidente di Banca Etruria Lorenzo Rosi.

Anche i figli di Bacci sono stati coinvolti (insieme agli imprenditori indagati Luigi Dagostino e Ilaria Niccolai) nelle società che hanno acquistato dal Comune di Firenze il teatro, pagato la metà della sua valutazione originaria, e lo storico caffè Rivoire di piazza Signoria.

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