Altro che digital tax italiana, i colossi li spenna l'Ocse

Il premier, cambiando idea rispetto a soli pochi mesi fa, ha annunciato l'introduzione di una digital tax per i colossi internet e che "far pagare le tasse nei luoghi dove si fanno transazioni e affari sarà legge in Italia dal primo gennaio 2017". Rischia di essere un annuncio superfluo.

Il quartier generale di Google a Mountain View, in California
Il quartier generale di Google a Mountain View, in California

Il premier, cambiando idea rispetto a soli pochi mesi fa, ha annunciato l'introduzione di una digital tax per i colossi internet e che «far pagare le tasse nei luoghi dove si fanno transazioni e affari sarà legge in Italia dal primo gennaio 2017». Rischia di essere un annuncio superfluo. Proprio oggi, infatti, l'Ocse pubblicherà i nuovi principi fiscali di tassazione delle multinazionali. Una normativa mondiale che sarà recepita dal G20 e, dunque, anche dai cosiddetti Brics. Insomma, la nuova tassa sarà europea.

Si tratta di una manovra epocale. Fu l'Ocse, dopo lo scandalo del presidente della Deutsche Post - che, in piena crisi subprime, fu beccato a fare una gigantesca evasione fiscale -, a dare impulso alla fine del segreto bancario internazionale. E oggi vuole percorrere la stessa strada per fare secchi i paradisi fiscali.

Ma andiamo per ordine. L'Ocse pubblicherà una serie di prescrizioni (alcuni Paesi le hanno già adottate) che si applicheranno alle aziende con un fatturato globale superiore ai 750 milioni di dollari: si tratta di circa il 10 per cento delle multinazionali, ma che equivalgono al 90 per cento del reddito prodotto dalle stesse. Tecnicamente è la normativa sui Beps, e cioè la Base erotion and profit sharing , e cioè la possibilità che oggi i grandi gruppi hanno di erodere la base imponibile e spostare i profitti dove più gli aggrada.

Il Senato degli Stati Uniti ha calcolato che solo le aziende americane hanno costituito negli ultimi dieci anni in paradisi fiscali 2.100 miliardi (più del Pil italiano) in profitti sui quali hanno pagato un'aliquota che va dallo 0 al 5 per cento. Dieci anni fa l'amministrazione Bush fece una sorta di condono (American Job Creation Act of 2004) per far rimpatriare i profitti off shore alle sue multinazionali, permettendo una tassazione una tantum del 5,25 per cento. Le multinazionali portarono all'epoca i loro quattrini in casa, ma subito dopo riiniziarono l'accumulazione off shore dei loro profitti, evidentemente sperando in un nuovo atto legislativo.

Il dipartimento fiscale dell'Ocse annuncerà una ridefinizione del principio di stabile organizzazione, un rafforzamento del concetto di transfer price e infine una lotta all'abuso dei trattati sulla doppia fiscalità. Tutte questioni molto tecniche, ma che rappresentano la ciccia di una nuova global digital tax .

Alcune multinazionali si sono già attrezzate. Amazon , ad esempio, ha annunciato di voler adottare un criterio più rigoroso per la stabile organizzazione. Se un'organizzazione è stabile, essa paga dove si è stabilita le sue tasse. Fino a poco tempo fa, per i principi internazionali, i magazzini (l'attività principale di Amazon nel nostro Paese) non erano sufficienti a dare stabilità. Ma è del tutto evidente che la loro prossimità anche geografica al cliente è un fattore competitivo chiave. Ecco perché si deve definire stabile in Italia una società che abbia qui ubicati i propri magazzini. Amazon ha annunciato di procedere in questo senso, ma oggi l'Ocse lo stabilirà per tutti.

Forse la rivoluzione più importante sarà di tipo informativo. L'Ocse ha studiato, e verrà approvato dal G20, un nuovo «bilancio multinazionale» che lei chiama «country by country reporting». Si tratta di uno strumento micidiale. Le multinazionali dall'anno prossimo dovranno fornire un documento dettagliato in ogni Paese in cui operano su come sono divisi geograficamente i loro fatturati, profitti ed impiegati. Insomma, le varie Google , Amazon , Facebook e via discorrendo renderanno pubblico al fisco italiano (come alle agenzie fiscali di tutto il mondo) non solo i dati domestici, ma anche quelli globali. Ciò vorrà dire che una società digitale multinazionale presente in Italia, con pochi impiegati e fatturato contenuto, dovrà rendere pubblici gli eventuali profitti generati in Italia, ma trasferiti in altri Paesi, magari a fiscalità contenuta.

L'iniziativa dell'Ocse, tra

nuove prescrizioni e maggiori obblighi di trasparenza, sarà in grado di generare decine di miliardi di gettito fiscale aggiuntivo per i Paesi occidentali che, come l'Italia, sono ad elevata fiscalità. Altro che digital tax.

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