Altro che mito della trasgressione i tatuaggi entrano nel paniere Istat

I l bello del paniere Istat è che - senza fretta, ci mancherebbe, gli statistici di Stato sono pur sempre dei burocrati - registra i cambiamenti della società. Chi mai prende un vagone letto, ormai? E la cuccetta? Suvvia. Allora via dalla lista e tutti sull'alta velocità. Dentro invece una serie di beni a completare quella playlist di 1476 beni i cui prezzi vengono monitorati di anno in anno a costruire il livello dell'inflazione. E a costruire un'immagine dell'italiano tecnologico, pulito ma un po' tamarro. Perché se è vero che - per citare i beni freschi di nomina - le bevande vegetali fanno tanto hipster, i panni catturapolvere sono punti a favore della nostra igiene domestica, gli alloggi universitari rappresentano la presa d'atto che i nostri figli che studiano da qualche parte devono pure dormire, le auto usate sono un segnale della crisi che stagna e i servizi integrati di comunicazione (vale a dire tv, internet e voce) fanno parte della nostra quotidianità e anzi viene da chiedersi perché si sia atteso tanto per infilarli nel paniere, quando parliamo di look c'è da preoccuparsi. I dandy, infatti, inorridiranno a pensare che tra i capi di abbigliamento idonei a rappresentare la nostra identità di consumatori ci sono gli orrendi pantaloni corti da uomo e i non meno agghiaccianti leggins, quei pantaloni che per molte donne sono il pensiero unico del vestire quotidiano. E poi il pezzo forte: i tatuaggi.

Per i quali milioni di italiani fanno la fila presso studi nei quali fino a qualche anno fa si respirava un clima da angiporto e che invece oggi sono spesso asettici come studi dentistici. Se questo è l'italiano medio, stiamo messi male.AnCu

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