America divisa dal whiskey. "I canadesi ci boicottano"

Ottawa si vendica dei dazi imposti da Trump, crollano gli ordini di bourbon. L’allarme dei colossi Usa del settore: "Vendite giù del 62%". Ma il Jack Daniel’s perde terreno anche in Europa

America divisa dal whiskey. "I canadesi ci boicottano"
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Ambrato, morbido, note di vaniglia, con accenti di frutta secca e un finale leggermente speziato, tipico del Tennessee Whiskey. Alla descrizione del Jack Daniel's si aggiunge una nuova peculiarità meno gradevole, ossia boicottato. La guerra commerciale sta infatti comportando forti venti contrari per il celebre whisky a stelle e strisce, che nell'ultimo trimestre ha segnato un crollo del 62% delle vendite in Canada sulla scia della campagna di boicottaggio dei liquori statunitensi. Alcune province canadesi, come l'Ontario e il Quebec, hanno vietato la vendita di bevande alcoliche americane. Altre come l'Alberta e il Saskatchewan hanno abbandonato i propri divieti, ma i consumatori continuano a "votare" in autonomia con le loro decisioni di spesa. Un colpo non da poco considerando che il paese nordamericano è il secondo maggiore mercato di sbocco per gli alcolici statunitensi.

I dazi imposti da Donald Trump, a cui si sommano le minacce di voler fare del Canada il 51° stato degli Stati Uniti, stanno generando contraccolpi ben tangibili anche su altri fronti, come emerge dal crollo dei viaggi dei canadesi negli States (-29% nel mese di giugno). Nelle scorse settimane il premier canadese Mark Carney ha annunciato che rinuncerà ai dazi di ritorsione verso gli Usa, bisognerà vedere se, e in che misura, questo attutirà il movimento "Buy Canadian".

La politica protezionistica di Trump ha avuto un impatto anche sulle vendite nel Vecchio continente. Brown-Forman, che controlla anche il marchio Woodford Reserve, ha visto i volumi di vendita di Jack Daniel's Tennessee Whisky contrarsi a doppia cifra in Germania (-10%) e nel Regno Unito (-16%), con le previsioni per i prossimi trimestri che rimangono molto caute, con anche la domanda interna che risulta sotto pressione anche perché la percentuale di adulti americani che dichiarano di consumare alcolici è scesa al 54% stando all'ultimo sondaggio annuale condotto da Gallup, la più bassa dall'inizio della serie storica nel 1939.

La fetta di americani che non intende rinunciare a sorseggiare un whisky al bar dovrà inoltre fare i conti, sempre a causa dei dazi, con un aumento dei prezzi per quelli in arrivo dall'Europa, quali l'iconico Johnnie Walker che fa capo a Diageo o il whisky irlandese Jameson di Pernod Ricard. Per una bottiglia di Scotch da 750 millilitri, una tariffa media di 1,92 dollari alla dogana potrebbe tradursi in un aumento del prezzo di oltre 12 dollari a bottiglia al bar, secondo un'analisi prodotta dalla società di ricerca economica John Dunham & Associates, ossia circa un dollaro in più a drink. La londinese Diageo, leader mondiale per vendite di bevande alcoliche e già reduce da un anno difficile con tonfo del 30% dei profitti, prevede 200 milioni di dollari l'anno di impatto negativo dai dazi statunitensi, mercato da cui dipende circa il 40% sul totale delle sue vendite.

Intanto, oggi è attesa la prima reazione delle Borse alla decisione di una corte d'appello Usa che ha stabilito che la maggior parte dei dazi imposti finora da Trump sono illegali.

Gli investitori non dovrebbero reagire in maniera eccessiva a questi ultimi sviluppi in quanto molti esperti si aspettavano questa eventualità, che comunque lascia la situazione immutata fino al 14 ottobre, dando tempo alla Casa Bianca di ricorrere alla Corte Suprema; esito e tempistiche incerte che probabilmente contribuiranno a pesare sull'economia per il resto dell'anno. L'amministrazione Trump ha fatto sapere ieri per bocca del suo rappresentante commerciale Jamieson Greer che i colloqui con i partner commerciali continuano nonostante la sentenza della corte d'appello statunitense.

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