
A desso che la campagna d'estate della Procura di Milano si è conclusa nel modo peggiore che si potesse immaginare, con la liberazione in blocco degli indagati che i pm avevano ottenuto di mettere agli arresti, la domanda che qualcuno in tribunale si pone è: ma chi glielo ha fatto fare? Ovvero: quale strategia processuale ha spinto il 28 giugno il procuratore aggiunto Tiziana Siciliano e i suoi pm, nel pieno dell'inchiesta sull'Urbanistica, ad alzare pesantemente il livello dello scontro, chiedendo di fare scattare sei paia di manette di cui - dicono ora le ordinanze del tribunale del Riesame - non c'era alcuna necessità? Se, come sostiene la stessa Procura, a carico dell'assessore Tancredi, del costruttore Catella e dei loro presunti complici c'era già una mole di prove schiaccianti, quale esigenza investigativa giustificava il ricorso a quella che per la legge è l'extrema ratio, l'arresto preventivo, addirittura il carcere che (va ricordato) era stato invocato per ben quattro indagati, e non solo per l'unico che ci è finito davvero, il costruttore Andrea Bezziccheri, che si è fatto dodici giorni a San Vittore prima di essere liberato senza scuse?
Il "cappotto" inflitto dal tribunale del Riesame alla Procura culmina ieri con la liberazione anche del più importante degli indagati, il costruttore Manfredi Catella. È una sconfessione piena, prima ancora che per la Procura, per il giudice preliminare che aveva accolto quasi in pieno la linea dura dei pm, Mattia Fiorentini, autore delle ordinanze di arresto annullate in blocco da diversi collegi del Riesame. Presentando le richieste di arresto a Fiorentini la Procura sapeva di rivolgersi a un giudice severo, come aveva già dimostrato in altri passaggi dell'inchiesta sull'Urbanistica: e anche in questa occasione Fiorentini non si era smentito, aveva sì limato alcuni capi d'accusa (e respinto del tutto quello che vede indagato anche il sindaco Beppe Sala) ma aveva avuto la mano pesante su altri, scrivendo per esempio che Catella e Tancredi non poteva metterli in carcere perché la Procura si era limitata a chiedere i domiciliari, e lui non poteva andare oltre.
Poi, però, sono arrivati i ricorsi degli arrestati al tribunale del Riesame. E qui per le tesi dell'accusa sono iniziati i problemi. Che le cose potessero andare male, la Siciliano e i suoi colleghi lo temevano, e infatti alla vigilia delle udienze hanno depositato migliaia di nuove chat tra gli indagati, per dimostrare l'esistenza della "Cupola" che governava l'urbanistica: alcune chat, si è scoperto dopo, erano state depositate solo in parte, omettendo quelle che ne avrebbero cambiato il senso. Il 12 agosto però arriva la prima doccia fredda, il Riesame scarcera Bezziccheri e libera l'architetto Alessandro Scandurra, la Procura la prende male, annuncia - prima ancora di leggere le motivazioni dell'ordinanza - che ricorrerà in Cassazione. Due giorni dopo nuova udienza per altri tre arrestati, i magistrati si presentano con nuove memorie d'accusa, ai cronisti i pm parlano di una "indagine enorme" con "basi estremamente solide", ma intanto mettono le mani avanti, "ricordiamoci che il Riesame non esce con la sentenza di assoluzione o di condanna, ma valuta limitatamente ad alcuni indagati e limitatamente a un'ordinanza nei loro confronti la sussistenza dei gravi indizi". E infatti i giudici liberano anche il costruttore Federico Pella, l'ex assessore Giancarlo Tancredi e l'ex presidente della commissione Paesaggio Giuseppe Marinoni, che erano tutti agli arresti domiciliari. Unica consolazione per i pm: ai tre viene inflitta l'interdizione per un anno dagli uffici pubblici, perché indizi di reato effettivamente ce ne sono. Ma per la "linea dura" dei pm, quella fatta di manette, foto segnaletiche eccetera, è comunque una brutta giornata.
Così man mano che si avvicina la data dell'udienza cruciale, quella in cui il Riesame deve decidere sul ricorso di Catella, il clima si fa pesante.
I pm sanno che a decidere saranno giudici diversi da quelli che hanno valutato i primi ricorsi, invece che da Paola Pendino il tribunale sarà presieduto da Angelo Ricciardi, non è detto che la linea sia la stessa. Invece arriva la nuova bocciatura, ancora più netta. Ed ecco la domanda: ma chi glielo ha fatto fare?