Anche l'Iss era negazionista: "Il Covid? È come l'influenza"

Spuntano i verbali della task force di Speranza. A inizio febbraio i vertici dell'Istituto dicevano: "Pure l'influenza uccide"

Anche l'Iss era negazionista: "Il Covid? È come l'influenza"

I “migliori cervelli di cui l’Italia dispone” (Speranza dixit), avevano preso una cantonata bella grossa. Il peggiore degli errori, quello in cui il ministro della Salute diceva fosse caduto “un pezzo rilevante del Paese”: ovvero la convizione che “il Covid è solo una semplice influenza”. Nel suo libro, mai pubblicato, Speranza accusava politici e “alcuni (pochissimi) clinici” di considerare il coronavirus poco più di un raffreddore. Quello che invece non ha mai specificato è che nel gruppone degli scienziati convinti che Sars-CoV-2 fosse poco pericoloso c’erano anche i suoi “migliori cervelli” dell’Istituto superiore di Sanità e dello Spallanzani. Gli stessi cui ancora noggi il governo si affida per combattere la diffusione del virus.

La notizia emerge dai verbali della task force istituita il 22 gennaio in viale Lungotevere Ripa 1. Tranquilli: Speranza non ha deciso di renderli pubblici. La linea per ora, come rivelato dal Giornale.it, resta quella di affermare che le riunioni fossero solo un “tavolo informale” non istituzionalizzato. A riportare il contenuto di alcuni di quei verbali è stata Report e all’interno ci sono informazioni che, lette oggi, fanno sicuramente discutere.

La composizione del gruppo è ormai nota (leggi qui). Al tavolo ci sono la Direzione generale per la prevenzione, i carabinieri del Nas, l’Istituto Superiore di Sanità, gli esponenti dello Spallanzani, l’Umsaf, l’Agenzia italiana del farmaco, l’Agenas e pure il consigliere diplomatico. I presenti si vedranno spesso, anche nei giorni successivi. Nelle fotografie si riconoscono in particolare Silvio Brusaferro (presidente Iss), Giuseppe Ippolito (direttore scientifico Spallanzani) e Andrea Urbani (Direttore Generale della programmazione sanitaria). A volte partecipano Agostino Miozzo, della Protezione civile, e Ranieri Guerra, delegato dell’Oms. Un consesso di rilievo, insomma, di cui Speranza è più che orgoglioso.

infografica piano segreto 3

Il verbale più interessante risale al 3 febbraio, tre giorni dopo la dichiarazione dello stato di emergenza. Ai presenti il rappresentante dello Spallanzani non si mostra troppo preoccupato. Anzi. Spiega come sia “verosimile che il virus si attenui nelle prossime settimane” visto che “attualmente la diffusione è simile a quella dell’influenza”. Niente più e niente meno dei peggiori negazionisti messi nei mesi successivi alla gogna. A dargli man forte si schiera pure l’Iss, che “conferma" come i dati siano "sovrapponibili a quelli dell’influenza”: “Dal 1 gennaio - mette addirittura a verbale - in Italia abbiamo 3 milioni e mezzo di abitanti a letto con l’influenza e diversi sono stati i morti, ma questo dato non fa notizia". Di più: "I sintomi del coronavirus e dell’influenza sono simili. Il virus dell’influenza ha un tasso di riproduzione più elevato rispetto al coronavirus ma il quadro radiologico in quest’ultimo è molto più importante. Sulla base delle esperienza pregresse ci sarà un picco e poi un rallentamento”. Tutte ipotesi rivelatesi piuttosto fallaci.

La domanda che molti si pongono è: ci fu sottovalutazione? Checché ne scriva Speranza nel suo libro, le “professionalità” massime dello Stato caddero in un errore rivelatosi poi clamoroso. In fondo non è l’unica pecca. Basta ricordare l’affaire mascherine, prima spacciate per inutili e poi santificate. Oppure lo scivolone del 7 febbraio, un mese prima del lockdown, quando il ministero della Salute pubblica uno spot con Michele Mirabella con cui rassicura gli italiani sul fatto che “non è affatto facile il contagio” da coronavirus. Lo stesso giorno, stando ai verbali riportati di Report, lo Spallanzani rassicura i ministro dicendo che “il virus non è ancora arrivato in Italia in quanto non si è verificata alcuna trasmissione”. E l’Iss conferma che “in Italia non c’è circolazione del virus”.

Il resto è ormai storia. Il 5 febbraio Stefano Merler presenta a Brusaferro i suoi calcoli drammatici, secondo cui il Belpaese rischia 70mila morti (una profezia più che una analisi).

Il 12 viene ascoltato dal Cts, che a quel punto fa nascere un gruppo di lavoro per realizzare un “piano anti-Covid” specifico, presentato in bozza a Speranza già il 20 febbraio, poi approvato dal Cts a marzo e infine secretato. Ancora oggi è segreto. Il Tar ha obbligato il ministero a renderlo pubblico, e forse presto ne sapremo qualcosa in più.

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