«Perché avete i caschi? Avete forse paura di una donna al ventesimo giorno di sciopero della fame?». Sì, evidentemente il governo di Vladimir Putin ha paura di Lyubov Sobol, trentunenne biondina a cui gli occhiali danno un'aria da saputella. La giovane, attivista antigovernativa, avvocato della Fondazione Anticorruzionw ed esponente di spicco di Russia del Futuro, il partito di Aleksei Navalny, è stata tirata fuori di forza da alcuni agenti in tenuta antisommossa dal taxi su cui stava salendo per recarsi alle manifestazioni non autorizzate previste per ieri sul Boulevard Ring, l'anello delle circonvallazioni di Mosca, ed è stata caricata su un van nero che poi si è allontanato.
Le proteste - le più gravi in Russia negli ultimi anni - fanno seguito alla decisione della commissione elettorale di negare a tutti gli esponenti delle opposizione la candidatura al voto dell'8 settembre prossimo per la Duma di Mosca per presunte irregolarità nella raccolta delle firme. Anche la Sobol era tra i candidati e anzi fino a ieri era l'unica ancora a piede libero, grazie al fatto che è madre di un figlio piccola. Ma ieri questa «anomalia» è stata sanata. Lyubov (che in russo significa «amore») aveva cominciato tre settimane fa uno sciopero della fame ed è considerata una dei principali organizzatori delle manifestazioni, a unirsi alle quali aveva invitato politici, intellettuali e gente comune, twittando non più tardi di venerdì: «La commissione elettorale non fa il suo lavoro, i tribunali non fanno il loro lavoro. L'unica cosa che funziona è la strada».
Il leader carismatico dell'opposizione è Aleksei Navalny, che sta scontando una condanna a 30 giorni di carcere dal 24 luglio e che il fine settimana scorso è stato portato in ospedale per «una grave reazione allergica» - che lui ritiene possa essere stato frutto di un tentato avvelenamento - e poi rimandato in cella. Tutti i suoi alleati e leader della contestazione sono stati colpiti: candidati alle elezioni locali come Ilia Yashin, Ivan Zhdanov e Dimitri Gudkov sono stati sottoposti a brevi periodi detentivi.
Ieri malgrado la polizia avesse chiesto ai manifestanti di rinunciare a scendere in piazza la voce dell'opposizione si è fatta sentire ancora forte e chiara. E dura è stata la reazione delle forze dell'ordine che secondo l'ong Ovd Info avrebbero arrestato almeno seicento persone, tra cui sei giornalisti. Una cifra che si assomma alle oltre 1400 persone arrestate sabato scorso e che ora in molti casi rischiano pene detentive dagli 8 al 15 anni per «disordini di massa». Secondo la ong ci sarebbero stati anche sei feriti.
Ma la repressione a colpi di manganelli e manette non è la sola strategia con cui il regime di Mosca sta reagendo
all'assalto dei manifestanti. Ieri la commissione inquirente russa ha annunciato l'apertura di un'inchiesta per riciclaggio di un miliardo di rubli (pari a 13,7 milioni di euro) a carico della Fondazione anticorruzione di Navalny.
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