
È in arrivo un nuovo decreto flussi, con la previsione di altri 500mila ingressi di lavoratori stranieri in tre anni, ma con una stretta alle procedure, dopo le numerose inchieste che hanno scoperchiato frodi e truffe, soprattutto nel sud Italia. Una battaglia della premier Giorgia Meloni, che un anno fa, in un colloquio con il procuratore nazionale antimafia Giovanni Melillo, aveva presentato un esposto ed espresso preoccupazioni per il presunto coinvolgimento di organizzazioni criminali dietro ai cosiddetti click day, cioè le giornate in cui possono essere presentate le istanze di ingresso nel Paese, quelle che, come emerso da tante indagini, in molti casi sono state gestite in modo illecito, con la complicità di professionisti, intermediari e datori di lavoro compiacenti.
A destare i primi sospetti erano stati i dati, il fatto che la maggior parte delle domande presentate fosse arrivata da Napoli e dalle Regioni meridionali dove ci sono di certo molte meno imprese del produttivo Nord, e molti più disoccupati. Quando la premier si era rivolta a Melillo, aveva segnalato anche che su un totale di 282mila domande, 157mila provenivano dalla Campania, 20mila dalla Puglia. Anomalo anche il dato sui Paesi di origine dei richiedenti: la gran parte dei lavoratori che avrebbero beneficiato delle quote flussi arrivavano dal Bangladesh, che è anche la prima nazionalità di migranti che entrano in Italia in modo irregolare.
Le indagini hanno tutte appurato nel tempo che molti degli stranieri che avevano presentato le istanze non trovavano poi alcun datore di lavoro ad aspettarli. Dove sono finite queste persone entrate legalmente ma poi rimaste a piedi? Il rischio è che siano andate ad alimentare l'esercito di fantasmi sfruttato dai caporali per il lavoro nero nelle campagne, in condizioni estreme. A Salerno, nel 2024, la Dda aveva scoperto circa 2.500 domande di ingresso di stranieri basate su dati inesistenti o falsificati. Un sistema articolato composto anche da imprenditori e professionisti, con un tariffario preciso: mille euro a istanza inoltrata, 2mila per ogni visto rilasciato, altrettanti per ogni contratto di lavoro fittizio. Una pratica collaudata emersa anche in Puglia e Calabria, con frodi sulla pelle di migranti che speravano in un permesso di soggiorno. Ma anche a Parma, dove venivano chiesti 2mila euro a domanda, così come a Modena. Nella piana di Sibari venivano chiesti addirittura 6mila euro per ottenere la promessa di un posto di lavoro. L'ultima grossa indagine in ordine di tempo è però quella della Dda di Napoli che ha analizzato oltre 40mila domande di permesso temporaneo per motivi di lavoro presentate nel 2023. Tre settimane fa è stata chiusa, ed è emerso che a capo dell'organizzazione ci sarebbero stati tre avvocati, per un giro da diversi milioni di euro tanto che aveva permesso a uno di loro di acquistare una Ferrari, poi sequestrata. "Che ce ne frega, noi facciamo i soldi. Il click day ci sta tutti gli anni. È un'America", diceva uno degli indagati. Per ottenere il documento di soggiorno gli stranieri dovevano prima rivolgersi al Caf gestito da uno dei tre professionisti. Imprenditori compiacenti poi simulavano la volontà di assumere manodopera proveniente dall'estero. Per ogni pratica, hanno ricostruito gli investigatori, il costo oscillava dai 2-3mila euro fino ai 10mila.
Ora con il nuovo decreto del governo, il click day viene fortemente ridimensionato, e potrà avvenire solo seguendo un percorso graduale, che riguardi innanzitutto i profili professionali più ricercati dai datori di lavoro e che potenzi la formazione nei Paesi di origine.