
Oggi, a una settimana dall'inizio dei conflitto, Ginevra ospiterà l'incontro diplomatico Europa-Iran per "capire se c'è spazio ad un accordo". Il format è quello cosiddetto E3, ovvero con ministri degli Esteri di Francia, Germania e Regno Unito più l'alto rappresentante Ue Kaja Kallas. Secondo le intenzioni di Bruxelles servirà a "tastare il polso" alla situazione. È Berlino a tenere informata Washington dopo la telefonata di lunedì, con al contempo l'apertura di credito iraniana, che si dice pronta al dialogo, anche in Vaticano, ma a certe condizioni. Parole pronunciate ufficialmente da Mohammad Hossein Mokhtari, ambasciatore dell'Iran presso la Santa Sede, che ha lanciato un sasso nello stagno: "Se la Santa Sede lo proponesse, sarei il primo a garantire la disponibilità dell'Iran a sedersi intorno a un tavolo in Vaticano con gli Stati Uniti per discutere sul nucleare".
In sostanza seguendo l'apertura di Papa Leone XIV a "far incontrare i nemici", ma con una condizione aggiuntiva da parte del diplomatico: fermare quella che lui stesso ha definito "l'aggressione del regime sionista", concetto che non è proprio il miglior viatico per iniziare a sedersi attorno ad un tavolo e parlarsi.
Anzi, Mokhtari raddoppia la dose di fiele quando dice che da parte di Teheran c'è sempre stata la volontà all'incontro, "ma il regime sionista ha voluto sabotare i colloqui". Ma come reagiscono i due super players che di fatto sono alleati inossidabili dell'Iran? Ufficialmente con un richiamo al cessate il fuoco, così come emerso da una lunga telefonata tra il presidente russo Vladimir Putin e il leader cinese Xi Jinping che ieri pomeriggio hanno fatto il punto sulla situazione. Da un lato Xi ha espresso preoccupazione per la situazione, definendo l'attuale contesto mediorientale "critico, il che dimostra ancora una volta che il mondo è entrato in un nuovo periodo di turbolenze e cambiamenti radicali". Non proprio una scoperta. Una sorta di neutralità pro-Teheran, che il leader cinese ha disteso, aggiungendo retoricamente che "la forza non è il modo giusto per risolvere le controversie internazionali". Il paradosso è che l'ha detto proprio a colui che la usa da tre anni in Ucraina.
Dal canto suo il capo del Cremlino ha replicato partendo dagli attacchi di Israele alle strutture nucleari iraniane, definendoli "estremamente pericolosi" e evidenziando che le parti in conflitto "devono garantire la sicurezza dei cittadini di Paesi terzi". Mosca, ha precisato, è disposta a "mantenere stretti contatti con la Cina e a collaborare per contribuire a stemperare le tensioni, salvaguardando la pace e la stabilità regionale". Lo scenario da libro Cuore però è finito un attimo dopo, quando la voce ufficiale delle azioni militari russe, ovvero la portavoce del ministero degli Esteri Maria Zakharova, ha lanciato un ultimatum agli Usa: ci saranno "conseguenze negative realmente imprevedibili" in caso di un "intervento militare" americano nel conflitto.
Chiude la "giornata diplomatica"
il direttore generale dell'Oms Tedros Adhanom Ghebreyesus, secondo cui sono a rischio le strutture sanitarie e l'assistenza, soprattutto dopo l'attacco sferrato al centro Soroka in Israele, l'unico grande ospedale del sud.