Tutti assolti. A più di cinque anni dal declassamento del debito sovrano italiano firmato Standard&Poor's, il processo che aveva portato alla sbarra le agenzie di rating finisce bene proprio per queste ultime. S&P era accusata dalla procura di Trani di manipolazione aggravata e continuata del mercato, con cinque tra dirigenti - anche l'ex presidente - e analisti, e manipolazione del mercato era il reato ipotizzato anche per l'unico analista di un'altra importante agenzia di rating, Fitch. Il gruppo di Standard&Poor's, secondo l'accusa, avrebbe «destabilizzato» l'«immagine, il prestigio e l'affidabilità creditizia» dell'Italia, il tutto in particolare grazie al doppio declassamento del nostro debito, annunciato da S&P a gennaio del 2012. Ma dopo qualche ora di camera di consiglio, i giudici del tribunale di Trani hanno mandato tutti a casa. Assolto l'ex presidente di Standard&Poor's, Deven Sharma, per il quale il pm Michele Ruggiero aveva chiesto 2 anni di reclusione e 300mila euro di multa. Assolto l'ex responsabile per l'Emea (Europa, Medio Oriente e Africa) Yann Le Pallec come pure gli analisti Eileen Zhang, Franklin Crawford Gill e Moritz Kraemer (per loro 3 anni dietro le sbarre e mezzo milione di euro di multa la richiesta dell'accusa), risparmiata anche a S&P la multa da 4,6 milioni di euro che Ruggiero chiedeva. Niente condanna (la richiesta era di 9 mesi di reclusione e 16mila euro di multa) pure per David Michael Willmoth Riley di Fitch, che il pm accusava di aver paventato per più di una settimana, tra 10 e 18 gennaio 2012, un «imminente declassamento» dell'Italia che, in realtà, venne decretato solo alla fine di quel mese.
Il processo si chiude così dopo un anno e mezzo di udienze e di testimonianze eccellenti, da Monti a Tremonti, da Prodi a Padoan (il titolare del Mef, sentito in aula nella cittadina pugliese a dicembre 2015 si disse «stupito» dalla bastonata al rating italiano, visto che «la direzione dell'economia economia andava verso un verso positivo, mentre il doppio declassamento faceva pensare all'opposto»). E se le agenzie esultano per lo scampato pericolo («Le ipotesi di responsabilità erano infondate», rileva il legale di S&P), l'umore è diverso per Adusbef e Federconsumatori, che con i loro esposti avevano innescato l'indagine. «Rispettiamo le sentenze, appena vedremo le motivazioni lavoreremo per un eventuale appello», sospirano i due presidenti, Elio Lannutti e Rosario Trefiletti. Quanto a Ruggiero (ieri in aula con cravatta tricolore), il pm che aveva dichiarato guerra alle agenzie di rating non nasconde l'amarezza, ma aggiunge di aver fatto e detto «tutto quello che si poteva fare e che si poteva dire». Quanto al ricorso in appello, anche la toga pugliese si mantiene prudente: «Leggeremo le motivazioni, poi valuteremo».
Pesante l'affondo della parlamentare di Forza Italia Elvira Savino, secondo la quale se «speculare sui conti pubblici di uno Stato per sovvertire il governo democraticamente eletto non è considerato un reato, allora non c'è più democrazia», e se «la
finanza internazionale è più importante del popolo sovrano, allora i soldi contano più dei voti». «Amareggiato» anche il capogruppo azzurro a Montecitorio, Renato Brunetta, che ringrazia Ruggiero e conclude: «Non è finita qui».- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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