
Mille per mille per iniziare. Si è concluso ieri con la terza tranche l'imponente scambio di prigionieri tra Russia e Ucraina concordato come unico frutto concreto del negoziato di Istanbul dello scorso 16 maggio tra le delegazioni dei due Paesi in guerra. Un gesto di buona volontà reciproca che dovrebbe essere il preludio a un nuovo negoziato per la risoluzione del conflitto. Almeno così pensa il viceministro della Difesa russo, colonnello generale Alexander Fomin. «Ci aspettiamo che lo scambio di prigionieri su larga scala, effettuato su iniziativa della Russia, faciliti la creazione di un clima favorevole per la discussione delle condizioni di risoluzione pacifica della crisi ucraina», ha dichiarato Fomin, secondo quanto riportato da Interfax. Fomin ha ringraziato «le autorità della Repubblica di Bielorussia, a cui sono stati consegnati i prigionieri russi, «per il loro completo supporto e assistenza»
Quello terminato ieri e durato tre giorni è stato il più massiccio scambio di prigionieri tra Mosca e Kiev, che ha interessato 2mila tra militari e civili di ambo le parti. Venerdì sono stati scambiati i primi 780 prigionieri, 390 per parte (270 militari e 120 civili). Poi sabato è toccato ad altri 614 militari, 307 per parte. E ieri sono stati rilasciati gli ultimi 606 (303 per parte). Un rappresentante della Direzione principale dell'intelligence del ministero della Difesa dell'Ucraina ha affermato che grazie a questo scambio, dall'inizio dell'invasione su vasta scala sono già tornati a casa 5.757 cittadini ucraini e stranieri che erano stati catturati dall'esercito di Mosca. Un numero che potrebbe presto rimpolparsi visto che Kiev sta già lavorando al prossimo scambio, secondo quanto afferma il rappresentante della Direzione principale dell'intelligence del Ministero della Difesa, Andrey Yusov, come riporta RBC-Ucraina.
E mentre questi atti di apparente distensione non fermano gli attacchi russi in Ucraina, come riportiamo nel pezzo qui sopra, si continua a lavorare per un nuovo round di colloqui diretti tra Russia e Ucraina. Secondo una fonte citata dall'agenzia di stampa russa Tass, «il Vaticano non diventerà sicuramente una sede dell'incontro per una serie di motivi, tra cui quelli logistici. Istanbul è l'opzione più probabile al momento. I dettagli saranno annunciati a breve».
Nei giorni scorsi Mosca si è detta disponibile a un cessate il fuoco solo nell'ambito di un negoziato complessivo di pace. Il ministro degli Esteri Sergei Lavrov ha reso noto che il suo governo sta lavorando a un documento che delinea «le condizioni per una soluzione duratura, globale e a lungo termine» del conflitto, che verrà inviato all'Ucraina una volta concluso lo scambio di prigionieri, e quindi nelle prossime ore. Kiev dovrà fare lo stesso, alle sue condizioni. Appare chiaro in questo momento che il Cremlino non abbia nessuna fretta di arrivare a un cessate il fuoco.
La strategia di Vladimir Putin e dei suoi è quella di guadagnare tempo perché l'inerzia della guerra è al momento a tutto favore della Russia, che vuole incassare il maggior numero di obiettivi prefissati al momento dell'invasione per presentarsi al congresso della pace con un bottino ingente, a cui cercherà di non rinunciare.