Il Monte dei Paschi resta in cima alle preoccupazioni del governo Renzi e continua a rimbalzare a Piazza Affari (ieri +7%) con gli investitori che scommettono su un esito positivo della trattativa fra Roma e Bruxelles mentre, secondo indiscrezioni, la garanzia sulla cartolarizzazione delle sofferenze bancarie (Gacs) dovrebbe entrare pienamente in vigore tra fine luglio e inizio agosto. Ecco perchè a salire ieri sono state anche le azioni del Banco Popolare (+3,51%), insieme a Bpm (+2,92%), Bper (4,67%) e Intesa (+2,27%).
Gli «allarmi» della Borsa sono invece scattati per un'altra big del credito: Unicredit. Nel giorno del debutto in cda del nuovo amministratore delegato Jean Pierre Mustier, che ha preso il posto di Federico Ghizzoni, il titolo ha perso il 2,89 per cento. A listini aperti ha infatti iniziato a circolare l'indiscrezione, rilanciata dal sito internet del Financial Times, secondo cui la banca starebbe per abbandonare le trattative con il colosso spagnolo Santander per creare un polo del risparmio gestito europeo da 5,3 miliardi a causa delle incertezze legate alla Brexit.
Ma Mustier ha subito gettato acqua sul fuoco: «A oggi stiamo lavorando per cercare di trovare una soluzione e andare avanti nella transazione. Questo è oggi lo stato dell'arte su Pioneer», ha spiegato in serata incontrando la stampa. Il cda ha inoltre varato il piano di cessioni che gli investitori chiedono da tempo annunciando a Borsa chiusa la cessione del 10% di FinecoBank (nel 2014 era già stato collocato sul listino il 30%) che ai prezzi di ieri vale attorno ai 340 milioni.
Il faro resta, dunque, puntato sulle banche nostrane. Che però non sono le uniche a soffrire nel «così fan tutti» del sistema creditizio del Vecchio Continente. Anche perché su 53 istituti europei sottoposti ai famigerati stress test dell'Eba, il cui verdetto si conoscerà il 29 luglio, soltanto cinque italiane (Mps, Unicredit, Intesa, Ubi e Banco Popolare). Non è un caso se ieri, qualcuno, ha parlato della necessità di varare un fondo di salvataggio da 150 miliardi per ricapitalizzare le banche europee. E a lanciare l'idea non è stato un italiano ma un tedesco: David Folkerts-Landau, capo economista di Deutsche Bank. In un'intervista rilasciata al quotidiano Die Welt spiega: «Gli istituti del vecchio Continente sono minacciati da una lenta spirale di lungo termine verso il basso e devono far fronte a 2mila miliardi di crediti deteriorati, i tassi negativi della Bce, così come le basse quotazioni in Borsa, rendono difficile per gli istituti raccogliere da soli capitale sul mercato».
L'economista ricorda, inoltre, che «le norme comunitarie prevedono un sufficiente grado di flessibilità» e che «l'intervento pubblico è possibile a condizione che azionisti e creditori si assumano oneri pari almeno all'8% del passivo della banca». Certo, aggiunge subito Folkerts-Landau, bisogna «prestare particolare attenzione all'Italia, le cui banche hanno 350 miliardi di crediti deteriorati». E «probabilmente questo è il punto più basso», dice schierandosi con quelli che «l'Italia è la Cenerentola d'Europa».
Ma se, come ha stimato anche Goldman Sachs, al nostro sistema bancario servono almeno 40 miliardi per risanare i bilanci e uscire dal tunnel, di chi sono gli altri 110? Di certo, una è la stessa Deutsche Bank, reduce dalla bocciatura agli stress test americani di qualche settimana fa.
- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
- sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.