«Qui, quando crollano i ponti, in quell'ambiente tutti zitti, quando crolla in Borsa il titolo tutti sulle barricate». Il vicepresidente del Consiglio, Luigi Di Maio, ieri ha proseguito la sua personale battaglia contro Atlantia, la holding della famiglia Benetton che controlla Autostrade per l'Italia, brandendo per l'ennesima volta la minaccia dello stop delle concessioni a causa del crollo del Ponte Morandi. Anche se ha cercato di correggere un po' il tiro rispetto alla protervia mostrata giovedì scorso. «Non ho detto che è decotta, sarebbe decotta nel momento in cui il governo andasse a revocare le cosiddette concessioni», ha precisato ribadendo il proprio personale interrogativo. «In quel caso, come farei ad affidare Alitalia a un'azienda che sicuramente ne risentirebbe?».
Di sicuro ne hanno risentito, almeno nella fase iniziale, le quotazioni di Atlantia. Ieri il titolo ha aperto con un deciso calo dell'1,6% che aveva portato la perdita di capitalizzazione nelle ultime tre sedute a superare il miliardo di euro. Poi la buona intonazione dei mercati (e anche la decisa difesa da parte di Matteo Salvini hanno determinato l'inversione di rotta e le azioni hanno chiuso in rialzo dell'1,1 per cento. Gli operatori hanno compreso che la divisione tra i due soci di maggioranza dell'esecutivo rende meno scontata l'estromissione dei Benetton dal business autostradale, nonostante il decreto Crescita contenga uno scudo contabile nei confronti dei funzionari che adottassero eventualmente il provvedimento.
Ma se Di Maio, al termine dell'implosione guidata del troncone del ponte, ha dichiarato che il 14 agosto vuole presentarsi alla commemorazione delle 43 vittime con la revoca avviata («È questa la volontà politica dell'M5S e questa deve essere anche la volontà del governo»), il leader del Carroccio ha affermato l'esatto contrario. Secondo il ministro dell'Interno, «una cosa è chiedere che chi ha sbagliato paghi, un conto è tirare in ballo lavoratori e risparmiatori che non c'entrano nulla», ha dichiarato precisando che «non confondo responsabilità dei vertici con un attacco generalizzato a un'azienda che è una risorsa di questo Paese». Salvini, anzi, ha confermato il proprio appoggio politico all'ingresso di Atlantia nella compagine che dovrebbe rilevare Alitalia, soluzione caldeggiata dagli americani di Delta Airlines. «Se ha i requisiti per entrare, perché dovrei dire di no; altro affare sono le questioni penali, legali e giudiziarie», ha aggiunto separando le questioni penali da quelle puramente finanziarie. Ma Di Maio, spalleggiato anche dal premier Conte che da Osaka ha sostenuto che «non possiamo far finta di nulla», spinge per un'alternativa su Alitalia. «Non c'è solo Lotito, ci sono altri soggetti: l'obiettivo è dare un partner solido, ci sono offerte che stanno arrivando», ha evidenziato il ministro dello Sviluppo.
La posizione salviniana rafforza il fronte pro-Atlantia che, oltre Confindustria, comprende anche i sindacati che ieri hanno diramato una nota unitaria a difesa dei posti di lavoro. «Procurare con dichiarazioni senza senso la crisi di una grande azienda come Atlantia, finanziariamente sana e certamente non decotta, equivale anche a mettere a repentaglio le condizioni di migliaia di lavoratori», hanno chiosato Fit-Cisl, Filt-Cgil e Uiltrasporti.
Nota a margine.
Le disquisizioni di Di Maio sono state accompagnate da un «non vogliamo passerelle» in riferimento alla prossima ricorrenza del disastro. Peccato che gli esponenti M5s in Vigilanza Rai si siano lamentati delle mancate inquadrature di Rai News 24 al vicepremier durante la demolizione denunciandone l'«oscuramento».
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