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Balle di fieno nel torrente E l'alluvione diventa un piccolo Vajont: 4 morti

A Refrontolo il fiume si è ingrossato a causa delle forti precipitazioni, ma il letto era ostruito. Così l'acqua è tracimata travolgendo decine di famiglie riunite alla sagra del paese

TrevisoUn bicchiere di quello buono, anche due, visto che queste sono le colline del Prosecco, una grigliata in allegria per celebrare degnamente la Festa dei Omeni di Refrontolo (Treviso) al molinetto della Croda, il tradizionale brindisi del 2 agosto per un centinaio di compaesani. Poi, improvviso annunciatore di morte, il boato. Il torrente Lierza, ingrossato da quella che va di moda chiamare bomba d'acqua, ha premuto fin che ha potuto su una barriera assassina di balle di fieno e di detriti vari trascinati dal vento e dall'acqua (anche se per il Corpo forestale la colpa è solo della eccessiva quantità d'acqua) e alla fine è esploso, scaraventando verso il cielo della Marca un'onda marrone di fango liquido alta tre metri che poi è caduta con violenza sul capannone della festa destinata a diventare tragedia. Un'onda che ha travolto tutto e tutti, a tradimento. Quattro morti, sei feriti, di cui due gravi, diverse macchine trasformate in barchette alla deriva: è il bilancio di cinque minuti d'inferno che il Veneto non dimenticherà facilmente.

L'estate finora era stata solo brutta. L'altra sera è diventata assassina. Ma prima di assistere alle litanie delle possibili responsabilità (incuria, coltivazioni intensive, disattenzione, cemento...) è scattata, immediata ed efficace, la macchina dei soccorsi. Loredana Collodel, sindaco di Refrontolo, è stata la prima a precipitarsi al molinetto, coordinando di fatto i primi interventi dei vigili del fuoco, della protezione civile e del corpo forestale. Gente rimasta appesa ai rami, altri aggrappati ai tubi innocenti del capannone, scene di ordinario panico. Non è facile, neanche per gente addestrata e preparata, gestire il terrore e la morte arrivati non si sa da dove. Il sindaco e un medico che si trovava alla festa hanno dato le prime indicazioni ai vigili del fuoco, al Suem.

Prima di tutto hanno evitato che il numero delle vittime potesse essere anche superiore. Poi hanno dovuto fare i conti con la violenza della natura che ha perfino strappato di dosso i vestiti ai quattro sfortunati che non sono riusciti a trovare un riparo o un appiglio. Maurizio Lot, 52 anni di Farra di Soligo, collaboratore della pro loco di Refrontolo, Luciano Stella, 50 anni, gommista di Pieve di Soligo, Giannino Breda, 67 anni, di Falzè di Piave, Fabrizio Bortolin, 48 anni, di Santa Lucia di Piave. Per loro non c'è stato niente da fare, solo il pietoso rito del riconoscimento e la comunicazione ai familiari. Nel frattempo vigili del fuoco e protezione civile hanno messo in sicurezza la zona, portando bulldozer per ripulire le strade e dare accesso alle ambulanze e permettere il trasporto dei feriti.

I testimoni, terrorizzati, hanno parlato di piccolo Vajont. Anche il governatore Luca Zaia, trevigiano, ha accostato la tragedia di Refrontolo al disastro del '63, specificando di riferirsi alle dinamiche idrauliche dei due disastri. «Chiederemo subito lo stato di calamità per tutta la zona colpita - ha detto il governatore Luca Zaia, governatore del Veneto -. Per il Veneto è un giorno di lutto totale, e lo sarà anche la giornata dei funerali delle quattro vittime, quando pretenderò le bandiere a mezz'asta ovunque. Me ne frego di quello che possono prescrivere i prefetti, davanti a ciò che è accaduto non c'è il dramma di una o più comunità ma di tutta la regione. Su queste cose la solidarietà e il rispetto contano».

Il governo, in quella che pare una specie di replica, esprime il cordoglio per le vittime al presidente Zaia, ma dà l'annuncio, l'ennesimo, di aver «voltato pagina. Basta inseguire e fare i notai delle emergenze - è scritto sul sito di palazzo Chigi - adesso investiamo in opere di difesa, prevenzione e sicurezza. Al via anche i 570 cantieri anti dissesto».

Anche Napolitano ha mandato un messaggio di solidarietà alla comunità colpita.

Lo stesso presidente della Repubblica era stato a Vicenza nel novembre 2010, dopo l'alluvione che aveva messo in ginocchio una città ancora in attesa delle opere ovviamente più volte annunciate.

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