
Il contributo delle banche alla manovra ci sarà, resta solo da capire come sarà strutturato e quanto sarà voluminoso l'intervento. Questo è quanto assicurano fonti interne alla maggioranza interpellate da Il Giornale, le quali spiegano che in queste settimane sono in corso incontri al massimo livello con l'Abi - dove le trattative sono condotte dal dg Marco Elio Rottigni - e con esponenti delle più grandi banche italiane (la scorsa settimana, per esempio, l'ad di Banco Bpm Giuseppe Castagna è stato ricevuto a Palazzo Chigi) per trovare una soluzione condivisa.
Le idee sul tavolo sono diverse: si è già parlato di un nuovo intervento sulle tasse differite, non è del tutto tramontata l'idea di un intervento sui riacquisti azionari delle società quotate e potrebbe anche esserci - novità delle ultime ore - un intervento una tantum sull'Ires (gli intermediari finanziari, come le banche, pagano già un'aliquota maggiorata del 27,5%). Secondo indiscrezioni circolate ieri, l'ammontare del contributo dovrebbe attestarsi fra 2,5 e 3 miliardi di euro. Ma potrebbe essere anche inferiore, in ogni caso molto lontano dai 5 miliardi chiesti dalla Lega per finanziare una nuova rottamazione delle cartelle (anche se al momento è remota la possibilità, per quella che potrebbe essere una sanatoria chirurgica che non comprenderebbe chi è decaduto dalle precedenti versioni della rottamazione). Ci sarà invece il taglio dell'aliquota Irpef dal 35% al 33% fino a 50mila euro. Così come dovrebbe esserci una rimodulazione al ribasso delle detrazioni per i redditi più alti (oltre gli 80-100mila euro). A tirare le fila di idee e richieste, in ogni caso, sarà la premier Giorgia Meloni insieme al ministro dell'Economia, Giancarlo Giorgetti, che sono le due personalità che più di tutte hanno determinato la ritrovata disciplina di bilancio italiana.
Sullo sfondo continua a infuriare la polemica politica sul contributo delle banche. In particolare, ieri ci sono state altre schermaglie fra Lega e Forza Italia. Il Carroccio - che certo non molla l'idea di ottenere la rottamazione delle cartelle - ieri ha divulgato una nota per ribadire che è "ragionevole chiedere un contributo alle grandi banche" che in questi tre anni "hanno registrato utili per circa 130 miliardi di euro". Un attacco diretto dove si specifica che "i grandi istituti hanno deciso una politica di taglio dei costi, con chiusura di migliaia di sportelli e sforbiciate al personale, mentre non sono aumentati significativamente né gli interessi corrisposti ai risparmiatori che hanno soldi fermi sui conti correnti, né i prestiti erogati a famiglie e imprese". Per contro, c'è la risposta piccata di Forza Italia: "Noi non siamo il partito delle banche, noi parliamo con le banche. Non bisogna mai fare demagogia su queste cose", ha detto ieri il vicepremier e leader Antonio Tajani riguardo alla forte presa di posizione della Lega. "Non è che le banche non debbano dare un contributo, ma bisogna parlare. Dichiarazioni improvvide possono fare danni in Borsa. Con la violenza non si ottiene nulla". E poi l'affondo: piuttosto che per la rottamazione delle cartelle, "se abbiamo 5 miliardi, spendiamoli per la sanità".
Il sottosegretario leghista al Lavoro, Claudio Durigon, ha provato a trovare una mediazione con Forza Italia: "Siamo certi che come sempre troveremo una sintesi".
In particolare, "mi piace ricordare come la pace fiscale per aiutare chi è rimasto indietro sia sempre stato un obiettivo irrinunciabile per Silvio Berlusconi che, venendo dalla trincea del lavoro, ha sempre creduto nella possibilità di aiutare pensionati, lavoratori, commercianti, artigiani, liberi professionisti e piccoli imprenditori. Un insegnamento che tutti noi abbiamo fatto nostro nel programma di governo: Pace fiscale e saldo e stralcio".