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Bandiere di partito e appelli al voto: la piazza usata per il referendum

I leader invitano alle urne i manifestanti. Bersani col cappello del "Sì", scoppia la polemica. Fischiato Gad Lerner: "Sono sionista". E gli urlano: "A casa"

Bandiere di partito e appelli al voto: la piazza usata per il referendum
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«Free Palestine» è il grido che accompagna i 300mila manifestanti arrivati a piazza Vittorio fin dalle prime ore di ieri pomeriggio dopo essere stati chiamati alla mobilitazione dalle varie forze d'opposizione per protestare contro il «genocidio» compiuto da Israele. «Scendo in piazza al fianco della Palestina e sempre contro il governo Netanyahu con grande fermezza», dice una mamma che accompagna sua figlia adolescente al corteo mentre alcuni manifestanti srotolano una lunga bandiera della Palestina.

Tra spillette e bandiere della Palestina spiccano soprattutto i vessilli di partito del centrosinistra: Pd, M5S e Avs ma la solidarietà nei confronti del popolo palestinese è tale da far riesumare anche la falce e il martello di Rifondazione Comunista e il garofano del Partito Socialista. Presente al corteo anche la bandiera di Demos, il piccolo partito centrista vicino alla Comunità di Sant'Egidio. I leader delle opposizioni Elly Schlein, Giuseppe Conte, Angelo Bonelli e Nicola Fratoianni guidano il corteo sfilando fianco a fianco con in mano lo striscione con la scritta: «Stop al massacro. Basta complicità». Un'unità insolita anche per i militanti di centrosinistra che, presi dalla foga del momento incitano i loro leader con cori eloquenti: «Dai Giuseppe», «Forza Elly». Tra i manifestanti si riconoscono gli altri big del Pd come l'europarlamentare e presidente del partito Stefano Bonaccini, l'ex ministro Giuseppe Provenzano, gli ex sindaci di Napoli e Bergamo Antonio Bassolino e Giorgio Gori (che oggi è eurodeputato).

L'ex segretario del Pd Pier Luigi Bersani viene accolto come una star dai simpatizzanti che lo fermano per una stretta di mano o un selfie accompagnati dalla classica battuta «non siamo qui a pettinar le bambole». Bersani è, poi, finito al centro di una polemica perché indossava un cappellino rosso con un grande sì bianco al centro, un chiaro riferimento ai referendum su cui si voterà oggi e domani. Tra chi lo ha criticato, pure l'europarlamentare di Fdi Nicola Procaccini. Un modo per rompere indirettamente il silenzio elettorale che, a dir la verità, è stato adottato anche da numerosi manifestanti e dai leader del centrosinistra che, al termine dei loro interventi, hanno invitato tutti ad andare a votare. Un corteo indetto il giorno prima di una consultazione elettorale come questa sembra quasi una dimostrazione non richiesta di un'unità che, in realtà, non c'è. In piazza, infatti, mancano i centristi di Matteo Renzi e Carlo Calenda che, insieme ai riformisti del Pd, hanno tenuto un evento a parte venerdì a Milano. «Anche se si mettono insieme in un unico partito, dove vanno? Ma, poi, io la Picerno non la voto manco morto», dice un manifestante che evidentemente ha già la testa alle prossime elezioni politiche. Poco importa che dal palco qualcuno invochi «unità» rivolgendosi ai leader delle opposizioni dicendo: «Le persone vogliono vedervi insieme».

Le divisioni, però, riguardano anche il Medio-Oriente tant'è vero che un attivista mostra orgogliosamente un cartello con la scritta: «Caro Pd ti sei svegliato tardi. Ci sono voluti 18mila bambini uccisi». Ma non solo.

Persino il giornalista Gad Lerner viene preso di mira e fischiato sonoramente quando dice: «Chi vi sta parlando è un sionista. Mettetevi nei miei panni. Sionista non equivale a essere un assassino». Gli urlano «Vai casa!». «Io a casa non andrò proprio - risponde - non saranno certo certe urla a farmici andare».

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