
Il tempo stringe. Tra un mese esatto scade la finestra di tregua di 90 giorni sui dazi reciproci e i negoziati tra Stati Uniti e Unione Europea appaiono in una fase di stallo, mentre da oltreoceano il presidente Donald Trump palesa ottimismo sullo stato di avanzamento dei colloqui con la Cina. «Serve negoziare subito, perché l'unico grande problema delle imprese e dell'industria è l'incertezza», è l'appello arrivato ieri dal presidente di Confindustria, Emanuele Orsini, che ricorda come gli Stati Uniti siano il secondo maggiore paese di sbocco per le esportazioni italiane con quindi il rischio concreto che la guerra commerciale si traduca in una crescita del Pil inferiore allo 0,6% indicato dalle ultime previsioni dell'Istat. Orsini ha acceso il faro anche sul tema della burocrazia europea: «Se Bruxelles togliesse i dazi interni la produttività salirebbe del 6,7%, equivalente a 1.000 miliardi».
Nel concreto i negoziati tra Usa e Ue non mostrano progressi, anzi proprio questa settimana Washington ha raddoppiato le tariffe su acciaio e alluminio dal 25 al 50 percento. Stando a quanto riferito dal sito di Politico, la proposta di Bruxelles di eliminare completamente i dazi portandoli a zero ha trovato un netto muro da parte della Casa Bianca che identifica il livello del 10%, attualmente in vigore per la maggior parte dei partner commerciali, come base sotto la quale non intende trattare. Tra le opzioni che Bruxelles sta valutando di inserire nella trattativa che l'aumento delle sue importazioni di gas liquefatto dagli States o di collaborare con Washington per frenare l'eccesso di acciaio cinese sui mercati globali.
La posta in gioco è molto alta in quanto la minaccia di dazi al 50% su tutti i prodotti rischia di compromettere il commercio transatlantico da 1.600 miliardi di euro l'anno. La Bce ha messo nero su bianco il rischio che incombe per l'economia continentale. L'istituto centrale europeo calcola che nello scenario di base, con i dazi congelati al 10%, l'area euro subirebbe un impatto «relativamente contenuto» di 0,7 punti di minore crescita cumulata nell'arco del triennio 2025-2027. Ben diversa la situazione di mancata intesa tra Bruxelles e Washington. Nello scenario grave, ossia nel caso di assenza di accordo e dazi in area 28%, i contraccolpi sarebbero ben maggiori. L'Eurotower stima, in caso di dazi statunitensi al 28% medio e relativa risposta reciproca europea, un contraccolpo per il Pil dell'area euro dello 0,5% in meno nel 2025, per poi lievitare a 0,7% in meno nel 2026 e 1,1% in meno nel 2027. In termini cumulati si arriva a circa un punto percentuale in meno rispetto allo scenario base. Invece in termini di inflazione, la scure dei dazi andrebbe a riflettersi con una dinamica dei prezzi più contenuta (+1,8% nel 2027 rispetto a +2%).
Segnali incoraggianti arrivano invece sull'asse Washington-Pechino in attesa del nuovo round di colloqui in agenda domani a Londra. Ieri Trump ha affermato di aver avuto «un'ottima conversazione» con il presidente Xi Jinping (il riferimento è alla telefonata di 90 minuti intercorsa giovedì tra i due leader). «È un accordo complicato, ma è un accordo che ci porterà molti soldi», ha affermato il tycoon aggiungendo che «siamo molto avanti nell'accordo con la Cina» e Xi avrebbe anche acconsentito alla ripresa dei flussi dalla Cina di minerali rari e magneti. Cautela sui negoziati con gli Usa invece da Tokyo. Ryosei Akazawa, ministro per la Ripresa economica e capo delegazione giapponese, ha spiegato che rimangono molte differenze fra le parti, anche se si punta a raggiungere un accordo positivo entro metà mese.
Il paese del Sol Levante sarebbe in procinto di stringere un'intesa di libero scambio con l'Unione Europea che, stando a quanto riporta l'agenzia Kyodo, sarà annunciata in occasione di un vertice a luglio in terra nipponica.