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"Berlusconi ha dato una casa agli orfani di mio papà Bettino"

La figlia del leader del Psi riconosce il ruolo che ha avuto Forza Italia per la diaspora socialista negli anni '90

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Funerali solenni, tanti capi di Stato, Milano, il Duomo. che giornata sarà per Stefania Craxi?

«Una giornata triste, a cui si giunge sempre e comunque impreparati. Confesso di sentirmi un po' disorientata, il dolore è forte e sollecita tanti ricordi e alcune riflessioni sia personali che politiche. Ad esempio, a me e a tanti dirigenti socialisti, ma soprattutto alla totalità degli elettori orfani del Psi, Berlusconi ha dato una casa. Eravamo considerati degli appestati, dei reietti, materia da archiviare. Ci ha teso una mano nel momento di difficoltà e ha aperto le porte a tante intelligenze che provenivano da quell'esperienza e da cui ha tratto un valore aggiunto».

L'addio a suo padre ha avuto tutt'altra cornice. Due grandi personaggi, amici nella vita, ma dal destino così differente. Per uno i funerali di Stato e per il secondo un mesto addio per pochi intimi in terra d'esilio.

«Si dice che il destino non è questione di casualità, ma di scelte. E, in parte, è vero. Mio padre, scegliendo l'esilio ha preferito morire per la sua libertà. Berlusconi ha fortunatamente avuto la possibilità di resistere ad oltranza, avendo la forza e gli strumenti per farlo. L'ipocrisia italica, invece, mi sembra accomuni le due parabole. Leggo dichiarazioni, oggi come 23 anni fa, di alcuni che sostengono di essere stati sì avversari, ma leali Tutta questa lealtà sembra ogni volta sfuggirmi!»

Lei ha detto che Silvio Berlusconi non è stato soltanto il leader del partito in cui milita ma fa parte della sua storia familiare. C'è un ricordo particolare cui torna spesso pensando al leader di Forza Italia?

«Non dimentico le sue lacrime ad Hammamet il giorno dei funerali di Craxi, quello che ci siamo detti, come i tanti momenti spensierati che le nostre famiglie hanno vissuto. Abbiamo fatto decine di vacanze insieme!»

Di suo padre e del fondatore di Forza Italia lei dice che erano molto diversi ma che erano entrambi due generosi visionari.

«È così. Caratteri, storie, formazione e interessi diversi, uniti da un'amicizia vera. Il loro rapporto era sincero, fraterno. Si nutriva di stima reciproca, di una comunanza di idee e di vedute, di una matrice milanese che metteva a fattore due uomini del fare con la testa proiettata sempre al futuro. Tra le tante mistificazioni di questi anni, c'è quella che vuole il rapporto tra i due improntato alla convenienza. Niente di più falso! Berlusconi, un uomo di sentimenti, si risentiva molto di questa cosa, come mi confessò in più occasioni».

Dalla Milano da bere di Craxi a una piazza Duomo gremita per l'ultimo saluto al leader azzurro. È un cerchio che si chiude?

«Per alcuni versi sì, ma per altri no. Sono stati due uomini che hanno caratterizzato stagioni assai diverse, in cui il ruolo della stessa politica, la sua funzione, era molto differente».

Berlusconi e suo padre - sono parole sue - condividevano l'ambizione di vedere il nostro Paese, l'Italia, «grande tra i grandi». Non sono tanti i politici a coltivare questo tipo di sogni?

«Non hanno soltanto coltivato questo sogno, lo hanno perseguito e, a tratti, lo hanno raggiunto. Pensate al ruolo dell'Italia nel sistema internazionale negli anni dei governi Craxi e allo sforzo dei governi Berlusconi, pensiamo a Pratica di Mare o all'accordo con la Libia».

Cosa ha ricevuto il presidente Berlusconi da suo padre come eredità politica?

«Innanzitutto, Berlusconi ha avuto il merito di aver introiettato nel centrodestra la figura di Craxi.

Poi, dal tema della democrazia dell'alternanza, che di fatto prende corpo con Berlusconi con l'avvento del bipolarismo, fino ai temi della riforma istituzionale, passando per i principi del garantismo, c'è nei fatti molto delle intuizioni craxiane».

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