Elezioni Politiche 2018

Berlusconi: "La vittoria dei 5 Stelle sarebbe un incubo: fuga dei capitali e tassa patrimoniale"

Il Cavaliere a Radio Etna: "Con i grillini al governo l'Italia sprofonderebbe in una nuova crisi. Ma non accadrà, perché avremo la meglio. Se non ci sarà una maggioranza chiara c'è una sola possibilità: tornare alle urne"

Berlusconi: "La vittoria dei 5 Stelle sarebbe un incubo: fuga dei capitali e tassa patrimoniale"

Ecco i contenuti dell'intervista rilasciata da Silvio Berlusconi all'emittente Radio Etna nella quale il Cavaliere fa il punto della situazione politica e disegna il futuro del Paese.

Nelle ultime elezioni regionali il centrodestra ha ritrovato l'unità e ha vinto. Quali sono le sue impressioni?

«Ho detto tante volte che le elezioni siciliane andavano rispettate per quello che hanno rappresentato, cioè la scelta della guida migliore per una delle più importanti regioni italiane. Sarebbe stato riduttivo e irrispettoso per i siciliani considerarle semplicemente una prova generale delle elezioni politiche nazionali. Però non posso certo negare quello che la vittoria del centrodestra in Sicilia ha dimostrato e cioè che dal Nord al Sud la nostra coalizione è in grado di vincere ovunque. Gli elettori siciliani hanno capito che una volta fallita l'esperienza di governo del Pd il vero cambiamento è rappresentato da noi e non dal pauperismo e dal giustizialismo dei Cinque Stelle».

A suo avviso è stato un segnale in vista delle elezioni legislative?

«La stessa alternativa si pone alle elezioni nazionali: sono convinto che gli italiani dimostreranno la medesima saggezza dei siciliani, premiando chi ha dimostrato di poter ottenere dei risultati concreti per la collettività con i fatti, non soltanto in politica ma nella vita professionale, nell'impresa, nella cultura, nel volontariato. L'Italia intera ha bisogno di questo, il Sud ne ha bisogno in modo ancora più urgente, addirittura in modo drammatico, dopo che i governi di sinistra lo hanno abbandonato a se stesso negli ultimi sei anni».

La chiamate quarta gamba. In realtà siete riusciti a ricucire una buona parte della Democrazia cristiana riportando sulla scheda anche il simbolo dello scudo crociato. Ma i tempi della politica sono cambiati oppure no?

«In verità nella lista di Noi con l'Italia vi sono molti esponenti che vengono dalla tradizione democratica cristiana, ma anche molti altri che hanno storie personali e politiche completamente diverse. Io credo comunque che la storia non si ripeta mai, che l'Italia sia profondamente cambiata rispetto a 25 anni fa, e che non avrebbe senso riproporre oggi i vecchi partiti. Hanno molto significato invece la cultura, la tradizione, i valori del cattolicesimo democratico e liberale che la Dc ha saputo rappresentare per mezzo secolo. Quei valori e quella cultura di governo hanno garantito la libertà, la democrazia e la crescita del nostro Paese».

Valori ancora attuali?

«Per un ragazzo che, a 12 anni, nel 1948 andava ad attaccare i manifesti della Democrazia cristiana di nascosto da sua madre e finiva per essere picchiato dagli attivisti del Partito Comunista, lo scudo crociato ha ancora un valore particolare. Considero importante che compaia sulla scheda elettorale perché dimostra che quella storia e quei valori che furono della Democrazia cistiana si ritrovano nel centrodestra».

Secondo Totò Cuffaro, Matteo Renzi attualmente è il più democristiano. Gentiloni ha un'anima, anche per discendenza, democristiana. Li ritiene dei possibili interlocutori?

«Cuffaro ha ragione solo in parte. In effetti Renzi nasce democristiano, le prime immagini di lui che sono disponibili lo vedono sorridente insieme a Ciriaco De Mita. Quanto a Gentiloni ha addirittura una storia familiare che si identifica con il cattolicesimo politico in Italia».

Tuttavia...

«Tuttavia non si può dire che Renzi abbia ereditato le virtù che erano proprie della Democrazia cristiana, come la prudenza, l'equilibrio, la capacità di ascolto e di mediazione. Gentiloni forse ha sviluppato più di lui queste caratteristiche. Entrambi però hanno un peccato originale, hanno scelto una collocazione a sinistra che non è mai stata quella della Dc. Questo li rende per noi avversari, che rispettiamo, ma con i quali non è possibile immaginare nessun accordo».

Nel caso in cui dalle urne non dovesse uscire una maggioranza chiara, auspica un governo di larghe intese o di unità nazionale?

«È un'ipotesi del tutto teorica, perché io sono sicuro, ogni giorno di più, che il centrodestra abbia ormai raggiunto e superato la maggioranza assoluta. Potremo così assicurare al Paese cinque anni di governo stabile, per far ripartire l'Italia. Se tuttavia questo non potesse accadere, se non vi fosse in Parlamento una maggioranza per sostenere il nostro programma di governo, allora ci sarebbe una sola possibilità, tornare al voto perché gli italiani dopo quello che si è verificato in questi ultimi anni devono, davvero e finalmente, tornare ad avere il pieno diritto di scegliere il loro futuro».

Ma la legge elettorale potrebbe non dare alcun vincitore.

«Per evitare di trovarci in questa situazione, in ogni caso, l'unico voto utile è quello al centrodestra: né la sinistra né i Cinque Stelle hanno la forza e la possibilità di arrivare alla maggioranza in Parlamento. Dunque l'unico modo per evitare un Parlamento ingovernabile e la paralisi delle istituzioni è votare per noi. Parafrasando Nenni, potrei dire o il centrodestra o il caos! E il caos non farebbe certamente bene agli italiani».

In caso di vittoria del Movimento 5 Stelle, cosa farà? Lascia l'impegno politico o raddoppia?

«Ho detto qualche volta scherzando che avrei lasciato non la politica ma addirittura l'Italia. In realtà non sarei io a lasciare l'Italia, ad andarsene sarebbero i capitali, gli investimenti, le imprese, i cittadini che possono permetterselo. È quello che succede da alcuni anni in Francia, per effetto delle insopportabili tasse sulla casa e sulla successione, un sistema di tassazione che i grillini vorrebbero applicare anche da noi».

Insomma, troppe tasse?

«Le racconto un episodio. Una volta Putin mi mostrò delle bellissime ville immerse in parchi stupendi sul Mar Nero, costruite dai gerarchi di Stalin 70 anni fa. Gli dissi che ero quasi tentato di acquistarne una, ma mi rispose che non c'era nulla da fare: erano state comprate, tutte, da francesi benestanti, scappati dal loro Paese per colpa delle altissime tasse. Accadrebbe lo stesso anche da noi, alle tasse si aggiungerebbero una vera e propria valanga di altre tasse, a cominciare dalla patrimoniale, che colpirebbe chiunque abbia messo qualcosa da parte, mentre ciò che abbiamo risparmiato per lasciarlo ai nostri figli sarebbe colpito una seconda volta da tasse di successione fino al 50% del totale».

Non un bello scenario...

«L'Italia si troverebbe in una situazione di isolamento e sprofonderebbe in una nuova crisi, perdendo investimenti, imprese e posti di lavoro, mentre il governo sarebbe affidato a dei dilettanti, sprovvisti di ogni esperienza in politica e nella vita, che non hanno mai lavorato né mai amministrato neppure un codominio, che sono capaci di parlare solo il linguaggio dell'invidia, dell'odio e della rivalsa sociale».

Non sono i più attenti ai più deboli?

«Come tutti i pauperisti parlano per i più deboli, ma non sono in grado di fare nulla di concreto per migliorare la condizione dei più deboli. Si tratta di un brutto incubo che per fortuna non accadrà: la speranza dei grillini di prendere il potere sta franando anche sotto i colpi dei ridicoli scandali che li colpiscono. Lo si capisce anche dai toni sempre più rabbiosi e scomposti che usano i loro leader».

Ha firmato il suo secondo contratto con gli italiani. Ritorna la sua battaglia contro la pressione fiscale e ribadisce l'impegno ad innalzare le pensioni minime. E per i giovani?

«Il mio nuovo impegno con gli italiani, oltre naturalmente a alzare a mille euro le pensioni più basse e anche le pensioni alle mamme, si rivolge soprattutto ai giovani, perché è incentrato sul lavoro. Io credo di poter essere considerato un esperto di come si crea occupazione, visto che come imprenditore sono arrivato a dare lavoro a più di 50.000 collaboratori e da premier, avendo promesso un milione di nuovi posti di lavoro, in realtà ne ho fatto nascere più di un milione e mezzo».

E oggi?

«Quello a cui voglio dedicarmi ora è prima di tutto questo: restituire una speranza e una opportunità ai giovani che hanno perso la speranza di trovare un lavoro. Sono tanti, troppi, soprattutto in Sicilia e in tutto il Sud. Loro saranno la mia prima preoccupazione: non possiamo permettere che un'intera generazione sia sacrificata agli errori e agli egoismi della vecchia politica. Io sarò il garante di una politica davvero innovativa, vorrei anzi definirla aggressiva, sul fronte dell'occupazione, specialmente per i giovani e specialmente nel Mezzogiorno».

Il lavoro resta la priorità?

«Voglio ricordare che fino a quando abbiamo governato noi il tasso di disoccupazione in Italia, nonostante fossero gli anni peggiori della crisi mondiale, era due punti percentuali più basso rispetto alla media europea. Oggi, dopo quattro governi di sinistra non scelti dagli elettori e nonostante la ripresa in corso in tutto il mondo, la disoccupazione in Italia è due punti sopra il resto dell'Europa. Un risultato davvero pessimo per un governo di sinistra, che dimostra il fallimento del Jobs Act e delle politiche del lavoro del governo Renzi».

È un problema di crescita?

«Secondo tutti gli economisti è necessaria una crescita dal 2% in su per avere effetti positivi sull'occupazione. Noi contiamo di arrivare almeno al 3% grazie alla flat tax e quindi al potente effetto di stimolo sull'economia che deriva dall'abbassamento della pressione fiscale: una sola aliquota del 23% e nessuna tassa sui primi 12.000 euro di reddito. Abbassare le tasse significa lasciare più soldi alle famiglie e alle imprese, quindi far aumentare i consumi delle famiglie e gli investimenti delle aziende».

Un circolo virtuoso, quindi.

«Se le imprese lavorano di più crescono i posti di lavoro e questo a sua volta significa più ricchezza diffusa e così via, in un circolo virtuoso che si chiama equazione liberale della crescita. Lo hanno sperimentato gli Stati Uniti con la presidenza di Kennedy negli anni '60 e poi con quella di Reagan negli anni '80 e in entrambi i casi non solo ha funzionato benissimo, ma alla fine anche le entrate dello Stato sono migliorate del 30%».

Altri casi?

«Un caso recentissimo è l'Irlanda, che negli ultimi anni - grazie a un forte taglio delle imposte - è riuscita ad attirare sul suo territorio le sedi di moltissime grandi imprese multinazionali, che hanno creato moltissima occupazione e fatto circolare ricchezza per tutti. Oggi il Pil pro-capite dell'Irlanda è il doppio di quello italiano, eppure l'Irlanda esce da una crisi gravissima, persino peggiore della nostra».

Già, ma in concreto che cosa proponete?

«Ci vogliono provvedimenti immediati, per dare subito una risposta alle attese dei giovani. Le nostre prime risposte saranno due: il taglio di ogni imposta e contributo per i primi sei anni a chi assumerà un giovane disoccupato con un contratto stabile a tempo indeterminato dando così alle imprese una grande convenienza ad assumere giovani disoccupati e un grande piano di investimenti per rilanciare le infrastrutture nel Mezzogiorno, compreso il Ponte sullo Stretto di Messina, infrastrutture necessarie per consentire lo sviluppo del sud, ma che nell'immediato avranno anche l'effetto di offrire molte nuove opportunità di lavoro nelle regioni meridionali».

Il Parlamento che verrà, se completerà la legislatura, sarà chiamato ad eleggere il prossimo presidente della Repubblica. Aspira a quella carica?

«Ne parleremo più avanti. Il presidente Mattarella sta esercitando il suo mandato con grande equilibrio e senso di responsabilità. Discutere ora della sua successione mi pare prematuro e anche inopportuno».

Già, ma gli anni passano, qual è il segreto della sua eterna giovinezza.

«È molto semplice. Vede, io fin da ragazzo mi sono sempre dato una regola: non lasciare mai a metà quello che sto facendo. Quando mi sono posto un obiettivo, l'ho sempre realizzato, anche quando i miei amici erano scettici. Così ho realizzato bellissime città-giardino, Milano 2 e Milano 3, quando quasi tutti gli altri costruttori si limitavano a delle anonime colate di cemento; così ho sfidato il monopolio della Rai creando la Tv privata in Italia e poi espandendola in tutt'Europa; così ho trasformato una vecchia e gloriosa squadra di calcio sull'orlo del fallimento nel Milan stellare, quello che ha vinto tutto quello che si poteva vincere nel mondo».

E poi la politica.

«Così, ancora, nel 1994 ho fondato Forza Italia e dal nulla in poche settimane abbiamo vinto le elezioni, salvando l'Italia dal pericolo post-comunista. Sa cosa mi disse mia madre in quell'occasione? Io sono contrarissima alla tua discesa in campo. So che te ne faranno di tutti i colori e non posso essere contenta di questo. Ahimè, le mamme hanno sempre ragione e lo si è visto negli anni successivi. Però proseguì la mia mamma se dentro di te senti il dovere di scendere in campo, allora devi trovare anche il coraggio di farlo. Se non lo facessi, non riconoscerei più il figlio che tuo padre ed io abbiamo creduto di educare. Non ho mai dimenticato quell'insegnamento di mia madre e so di avere ancora un duplice dovere nei confronti del mio Paese e nei confronti degli italiani che in vent'anni mi hanno dato oltre 200 milioni di voti».

Quale?

«Il dovere di salvare l'Italia dal pericolo grillino e quello di far ripartire il nostro Paese e di ridare agli italiani, soprattutto ai giovani, un motivo per credere nel futuro. Non lascerò neanche questo compito a metà e finché non l'avrò realizzato non potrò neppure immaginare di fermarmi e di riposarmi.

Non l'ho mai fatto nella mia esistenza, non lascerò a metà neppure questo, che è il compito più importante che mi sono dato nella vita».

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