Guerra in Israele

"Berrò sangue ebreo". Finisce in manette l'icona della sinistra

Ahed Tamimi fermata dall'esercito israeliano. Ma i giornali progressisti l'avevano esaltata

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Alla fine è stata arrestata per incitamento alla violenza e alle attività terroristiche l'eroina della sinistra, la Giovanna d'Arco della Cisgiordania, la «Mandela palestinese» la «Rosa Parks» della Palestina, come l'avevano definita sia Al Jazeera sia «Amnesty international».

Non sapevano più come chiamarla, i giornali progressisti occidentali, negli anni scorsi, quando Ahed Tamimi aveva conquistato articoli e copertine posando, a favore di macchina fotografica, con gesti di sfida rivolti ai soldati israeliani. L'avevano incensata come un'icona, un simbolo di ribellione in cui era bello identificarsi, anche per quei riccioli biondi alla «Shirley Temple», l'attrice bambina di Hollywood a cui era accostata a questa piccola «star» della propaganda araba.

Ora la piccola ribelle è cresciuta, ha 21 anni e in particolare in quest'ultimo mese pare venuta fuori «al naturale», al di là di ogni possibile iconografia progressista e «politicamente corretta». «Berremo il vostro sangue» avrebbe scritto qualche giorno fa sui social. Il Giornale lo ha raccontato sabato. Messaggio macabro il suo, riportato dai media israeliani. Impressionante non solo per la ferocia ma anche per l'orientamento «ideologico». «Il nostro messaggio alle mandrie di coloni - ha scritto - è che vi aspettiamo in tutte le città della Cisgiordania. Vi massacreremo e direte che ciò che vi ha fatto Hitler era uno scherzo. Berremo il vostro sangue e mangeremo i vostri teschi». Per queste minacce violente l'esercito israeliano l'ha arrestata durante la notte fra domenica e ieri. Dopo l'arresto è stata portata nella sede delle forze di sicurezza israeliane per un ulteriore interrogatorio. Il ministro israeliano della Sicurezza nazionale Itamar Ben Gvir ha pubblicato un post sulla piattaforma «X», in cui elogia l'esercito israeliano per l'arresto, aggiungendo: «Non tollereremo i terroristi e i loro sostenitori».

Tamimi, definita nei Paesi occidentali come «attivista palestinese», era diventata particolarmente nota a livello internazionale nel 2018 per aver schiaffeggiato due soldati nel suo villaggio cisgiordano di Nabi Saleh vicino Ramallah. I militari non avevano reagito ma l'incidente era stato ripreso col telefonino e rilanciato su internet. Per questo Ahed aveva scontato 8 mesi di reclusione. «Amnesty» aveva firmato un appello ma la simpatia per lei, in Occidente, univa la sinistra e l'estrema destra anti-israeliana.

Ahed Tamimi proviene da Nabi Saleh, villaggio della Cisgiordania abitato da circa 500 persone e circondato da insediamenti israeliani. La famiglia non era nuova alle proteste: il padre è un noto esponente di Al-Fatah, il partito del presidente dell'Autorità nazionale palestinese Abu Mazen, che l'aveva a sua volta encomiata.

Ieri, una fonte dei servizi di sicurezza ha fatto sapere che Tamimi è accusata proprio per aver postato su Instagram l'invito a «massacrare» gli israeliani «in tutte le città della Cisgiordania, Hebron e Jenin», in termini violenti ed espliciti. La madre di Ahed ha negato che sua figlia abbia scritto quelle cose. «La accusano di aver pubblicato un messaggio che incita alla violenza, ma Ahed non lo ha scritto», ha detto Narimane Tamimi. «Ci sono decine di account con la foto di Ahed, con la sua foto, con i quali lei non ha alcun collegamento.

Quando Ahed tenta di aprire un account sui social network, viene immediatamente bloccata», ha spiegato.

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