
La fumata bianca arriva alle 18,08, la piazza esplode in un giubilo. È eletto il 267° Papa della storia. Per alcuni minuti sembrava quasi che anche il quarto scrutinio fosse andato a vuoto (la fumata era attesa intorno alle 17). Si rincorrono le voci di una possibile quinta votazione, in molti cominciano a pensare che i cardinali non avessero ancora trovato il nome giusto. Poi all'improvviso ecco uscire la fumata bianca dal comignolo della Sistina. C'è il nuovo Papa, viene eletto al quarto scrutinio, come Joseph Ratzinger.
L'accettazione della nomina, poi la stanza delle lacrime dove indossa la talare bianca. E prima di affacciarsi dalla Loggia delle Benedizione, il nuovo Papa riceve l'atto d'obbedienza da parte dei cardinali elettori.
In piazza San Pietro arrivano le bande militari e il picchetto d'onore delle Guardie Svizzere si schiera sul sagrato; i fedeli accorrono in piazza San Pietro per conoscere il nuovo Pontefice. Traffico in tilt, cellulari a singhiozzo. Cresce l'attesa per conoscere chi sarà il successore di Jorge Mario Bergoglio. Alle 19,12 si aprono le finestre della Loggia della Benedizioni, il cardinale Dominique Mamberti pronuncia la storia formula dell'«Habemus Papam». Il nuovo Papa è Robert Francis Prevost, che ha scelto di chiamarsi Leone XIV. In sala stampa c'è grande sorpresa, la piazza esplode in un grido di gioia, tra curiosità e incredulità.
Nato a Chicago, agostiniano, 69 anni, è il primo Papa statunitense della storia. «For the first time, an American Pope» titolano i media Usa. Immediati gli auguri del presidente Donald Trump: «È un grande onore sapere che è il primo Papa americano. Che emozione, e che grande onore per il nostro Paese», ha scritto. «Non vedo l'ora di incontrare Papa Leone XIV. Sarà un momento molto significativo!».
E già con Prevost cominciano le prime volte: è il primo Papa agostiniano, il secondo di un ordine religioso, dopo il gesuita Bergoglio. Stretto collaboratore di Francesco per essere stato Prefetto del Dicastero per i vescovi, è il meno americano tra i porporati statunitensi. Un passato da missionario, conosce bene l'America Latina. Profilo discreto, curiale ma allo stesso tempo che ben conosce le «periferie esistenziali» tanto care a Francesco. Considerato il candidato di centro, ha riscosso il voto della Sistina per essere un pastore universale, lontano dagli schieramenti più estremi.
Quando si presenta alla Loggia delle Benedizioni mostra una certa emozione. Visibilmente commosso, gli occhi lucidi, il nuovo Papa indossa la tradizionale «mozzetta» rossa, una mantellina corta, chiusa sul petto da una serie di bottoni, che Papa Francesco non indossò nel 2013 quando si affacciò dopo la sua elezione. Saluta con ampi gesti delle mani. «La pace sia con tutti voi», esordisce il nuovo Papa. «Fratelli e sorelle carissimi dice - questo è il primo saluto del Cristo Risorto, il Buon Pastore che ha dato la vita per il gregge di Dio. Anche io vorrei che questo saluto di pace entrasse nel vostro cuore, raggiungesse le vostre famiglie, a tutte le persone, ovunque siano, a tutti i popoli, a tutta la terra». Prevost conclude il suo saluto dalla Loggia delle Benedizioni recitando la preghiera dell'Ave Maria, e pregando per la pace nel mondo. Poi la benedizione Urbi et Orbi prima di rientrare in Vaticano. E in serata la cena insieme ai cardinali elettori.
Una lunga esperienza maturata in anni di attività missionarie e di gestione di diocesi e seminari in Perù, Prevost conosce i vescovi di tutto il mondo per il suo ruolo a capo del medesimo dicastero. Incaricato di consigliare il Papa sulle nomine episcopali e anche presidente della Pontificia Commissione per l'America Latina, il nuovo Papa aveva conosciuto Jorge Mario Bergoglio quando era arcivescovo di Buenos Aires.
Dopo l'annuncio della morte, l'aveva ricordato così: «Era un uomo che voleva vivere autenticamente, con coerenza, il Vangelo. Voleva una Chiesa povera, che cammina con i poveri, che serve i poveri». Su questa scia, molto probabilmente, andrà il suo pontificato: pastore con l'odore delle pecore.
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