Bibi sceglie i fedelissimi per il dopo guerra di Gaza

Nasce la commissione per la Striscia con l'ambasciatore negli Usa e due ministri. No Anp, sì a una coalizione araba moderata

Bibi sceglie i fedelissimi per il dopo guerra di Gaza
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C'è molto lavoro, il tempo è poco, gli attori sono tanti, e Israele ha tutto l'interesse a costruire uno scenario sul futuro di Gaza senza Hamas: per questo ha costruito una commissione che disegni un futuro strategico per la Striscia. Gli alleati americani lo richiedono proponendo soluzioni che per ora non combaciano con quelle di Israele. Jake Sullivan è in arrivo nel fine settimana in una situazione ancora molto movimentata, in cui l'unica cosa sicura è che gli Usa insisteranno sui tempi e la risposta non esiste. Per vincere e cancellare Hamas, Israele deve ancora combattere. Quindi, cercherà di aprire un discorso su come trovare una strada che non deluda il migliore amico: gli Stati Uniti, sostenitore numero uno di Israele hanno appena posto il loro veto alla richiesta dell'Onu di fermare lo scontro, richiedono con urgenza, oltre agli aiuti umanitari alla popolazione, di vedere un orizzonte politico, di avere le idee più chiare sullo sbocco strategico della guerra, e la loro richiesta è quella di un eventuale ritorno dell'Autorità Palestinese, come primo passo per tornare alla vecchia soluzione magica dei due stati per due popoli.

Questo si cercò di fare nel 2006 quando, dopo lo sgombero di Israele, invece Hamas fucilò, linciò, buttò giù dai tetti gli uomini di Fatah e poi creò dentro Gaza lo staterello autoritario e fanatico che con l'aiuto del Qatar è diventata quella follia terroristica che ha portato al 7 di ottobre. Sia Biden che Kamala Harris hanno ripetuto che si dovrebbe trattare di un'Autorità Palestinese cambiata, non corrotta né pervasa di rifiuto antisraeliano come oggi, che non paghi gli stipendi ai terroristi in carcere come invece fa. D'altra parte Netanyahu non ci crede, dice che comunque occorre mantenere una presenza di sicurezza in Gaza: non si tratta, spiega, di occupazione, ma l'odio palestinese è ormai ideologico e forte anche in Cisgiordania, dove Hamas è maggioritario. Dunque la commissione dovrebbe indicare in concreto dove cercare una strada dopo la fine di Hamas. Al momento ne fanno parte i due ministri più senior, Tzachi Hanegbi, consigliere per la sicurezza nazionale, e Ron Dermer il ministro per gli affari strategici, oltre ai servizi di sicurezza, l'esercito, e anche l'ambasciatore negli Usa Mike Herzog, fratello del Presidente Isaac. Hanegbi e Dermer sono personaggi fra i più stimati di cui il governo israeliano disponga: intellettuali moderati e liberali, Dermer reduce da una periodo in cui, a sua volta ambasciatore negli Usa, è stato protagonista del successo dei Patti d'Abramo. I due sembrano disegnati per dare una chance a una gestione che inglobi i sauditi, gli Emirati, gli egiziani, i giordani, ovvero gli arabi moderati, in una coalizione che potrebbe anche allora, includere i palestinesi riformati.

Ma la politica è spesso ottimista: Biden sa che dalla Cisgiordania dal 7 ottobre sono piovuti su Israele 1.300 attacchi terroristici, l'83 per cento nell'Autonomia tiene per Hamas e mai Abu Mazen ha condannato le atrocità del 7 ottobre. Ancora ieri il centro di Israele è stato bombardato da Hamas, ieri si è raggiunto con altri sette uccisi il numero di 104 caduti; ancora da Beit Hanoun a Khan Youunis, i territori su cui si avventurano i soldati, le gallerie e gli edifici pubblici e privati sono ancora bombe a tempo, depositi di armi e nascondigli da cui i gruppi armati sorprendono Israele. C'è ancora tempo per la pace.

Ma un buon segnale l'ha dato, interrogato dalla polizia, l'ex ministro di Sinwar Yousef al Mansi che ha chiamato il suo capo «un pazzo, un illuso, un eretico» che «ha ottenuto solo la distruzione del 60 per cento di Gaza, edifici, infrastrutture, strade, edifici pubblici». Le sue atrocità, ha detto, sono «l'opposto dell'Islam».

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